Herself è uno di quei songwriter nostrani che lascia il segno ogni volta che realizza un disco. Il suo secondo lavoro Homework ha dimostrato che God is A major non è stato un eccezionale ed irripetibile caso. Le promesse di bellezza del suono-memoria del primo album sono state tutte rispettate e consolidate in una veste originale dove l’attitudine folk è stata ben miscelata con quella lo-fi con l’obiettivo di proporsi come una vera grande alternativa italica a songwriter stranieri del calibro di Gravenhurst.
Il cantautore sperimentale siciliano riesce a catturare la fluidità del tempo con semplici armonie di chitarra ed una voce scura come il vento che sbatte la porta di una vecchia soffitta di ricordi. LostHighways ha incrociato Herself ancora una volta.
God is A major è l’album di debutto che aveva sorpreso tutti. Possiamo dire che Homework è la tua consacrazione? Mi sembra un disco più consapevole dei propri mezzi, più libero nei suoi salti tra folk e increspature dark-elettroniche. Cosa ne pensi?
Non saprei, riguardo alla consacrazione, so che è un complimento, ma è una parola troppo grande per me… di certo Homework è un disco più consapevole nella misura in cui, seppur nella diversità, ogni disco successivo risulta essere maggiorato, rispetto ai precedenti, dalla somma delle esperienze accumulate, tenute assieme da una prospettiva d’insieme sicuramente più ampia e forse anche meno ingenua. Molti hanno ravvisato una sostanziale diversità rispetto a God is a Major… credo sia semplicemente la voglia di non voler ripetere la formula fortunata all’infinito… e la libertà espressiva che è il solo, e l’unico, discrimine dell’indipendente (se mai ne è esistito uno).
La matrice lo-fi della tua musica è la perfetta chiave di rappresentazione del microcosmo dei ricordi che riaffiorano improvvisamente in chi ascolta la tua musica. Come nasce questo binomio lo-fi/memoria?
Da un punto di vista estetico, probabilmente il suono seppiato credo sia la naturale colonna sonora dei ricordi, i margini del suono sbiaditi come come quelli dei pensieri, in una dimensione orizzontale di spazio e tempo. Come nasce in me, non saprei spiegarlo, troppo personale, verbalizzare questa cosa è impossibile… figurati poi spiegare come possa nascere nell’ascoltatore… mi piace pensare che se una musica riesce a dragare qualcosa in chi ti ascolta, allora non sarà stata concepita in vano.
Homework è un disco folk che si sporca un po’ di più di elettronica rispetto al tuo precedente lavoro. A mio avviso è un pregio perché lo rende imprevedibile nella sequenza dei brani. Uno sperimentalismo non fine a se stesso. Cosa ne pensi dello sperimentare nuove soluzioni sonore dove le melodie si frastagliano di ritmiche a volte anche dissonanti?
Mi piacciono i dischi che provano a spiazzare l’ascoltatore… dunque per me è fisiologico e piuttosto “normale” per esempio inserire un elemento di cesura tra due ballate acustiche – un pezzo come Hate 1, dopo King Kong, per intenderci… non è ovviamente una regola, ma se sento il desiderio di farlo, lo faccio e basta, lucidamente, con buona pace di chi ama categorizzare, sentendosi spiazzato su un terreno frastagliato… non sarà forse una cosa molto furba, perchè bisogna sempre tener presente che l’omogeneità paga, paga sempre… e non tutti i tuoi ascoltatori gradiranno queste divagazioni, ma come dire, chi se ne frega, se l’hai fatto col cuore. L’elemento cacofonico e dissonante su una struttura tradizionale è proprio la cifra stilistica di Herself, quindi non posso che pensarne bene.
Come sono nati brani stupendi come Nails e Between Two Starz?
Come gli altri, dal suono, dalle suggestioni che un semplice arpeggio può dare, e dalle visioni che inevitabilmente ne scaturiscono. Sono due brani molto diversi tra loro, ma hanno effettivamente qualcosa che li accomuna: lo stupore del mattino, forse.
Il tuo disco è stato distribuito anche in USA dalla Olive juice music. Cosa provi sapendo che la tua musica riesce anche ad uscire fuori dai confini della tua Sicilia e dell’Italia?
Sì, ho una promozione francese (Five Roses) e una distribuzione americana, Olive Juice Music (NY), persone che sanno cosa significa indipendente. Fa molto piacere, naturalmente, ma non mi stupisce più di tanto, visto che cantando in inglese e facendo musica con forti referenti all’estero è quasi ovvio che le terre più vocate all’ascolto di Herself siano proprio Inghilterra e Stati Uniti… un retroterra fatalmente più ricettivo ed stimolante.
E’ possibile nascere in un luogo ed appartenere nel sentire ad un altro? Mi spiego: tu sei siciliano ma nel tuo sentire e fare musica sembri nato in una terra del nord come la Scozia, l’Islanda…
Sai, è molto strano, me lo dicono praticamente tutti. Proprio in questi giorni sta per uscire uno split EP Herself/M.S Thomason (bravissimo cantautore inglese!) per Broken Branch Records, una bella etichetta inglese, appunto. Non so dirti, mi sento un po’ siciliano, un po’ italiano… ma se ci pensi, la nostra testa è un superdconduttore linguistico, il lavoro immateriale dell’artista si svolge al di sopra delle appartenenze geocomunitarie. Ho, mio malgrado, ancora una concezione spirituale dell’arte… e penso che non ci siano sostanziali differenze tra uno svizzero e un siciliano piuttosto che un americano, che cresciuti ascoltando la stessa musica, fruendo la stessa cultura, decidano ad un certo punto di suonare. Herself sente in italiano, scrive in inglese, e mangia in siciliano.
Cosa ne pensi della musica indipendente in Italia? C’è bisogno di un progetto come quello della compilation Il paese è reale degli Afterhours per abbattere gli orticelli che disperdono le tante belle realtà musicali del nostra paese?
Non so di cosa ci sia bisogno. Nella fattispecie non conosco molto bene l’iniziativa, mi pare di avere capito si tratti di una specie di benedizione per luce riflessa… non sono un credente, quindi non posso risponderti adeguatamente. Posso solo dire che il verbo di una rockstar è un qualcosa di molto pericoloso e ambiguo, come la duplicità del sacro, meraviglia e terrorizza… e se da un lato indica una realtà, simultaneamente ne occulta un’altra. E’ un’iniziativa privata di chi ha molto potere mediatico e quindi se, al di là della propria convenienza, qualcun altro con meno potere potrà beneficiarne, allora perchè no, ben venga… a patto che non si finisca per credere ingenuamente che il discorso sull’indipendente possa esaurirsi nella celebrazione di una cartografia parziale, essendo questa alla fin fine null’altro che la selezione o playlist di un gruppo ristretto di persone che hanno rapporti tra loro. A vigilare su questo dovrebbe starci la critica (altrettanto dispersa delle belle relatà che tu citavi)… e io mi fido molto della critica.