Anche senza essere Neil Young pubblicare un nuovo album senza “promuoverlo” sul più popolare lettore web, Spotify, è una scelta coraggiosa (forse più di quella del canadese, che in ogni caso ha le spalle ben coperte) che rivendica un’autonomia creativa che si oppone alle ferree leggi del mercato musicale e della condivisione compulsiva dei social, dove tutto si consuma nello spazio di un click. Il nuovo progetto di Flo, anzi la sua ultima pubblicazione, dato che le registrazioni effettuate all’Auditorium Novecento di Napoli risalgono a poco prima dell’inizio della pandemia (come ci raccontò in un’intervista), richiede per sua stessa natura un ascolto attento, più ascolti, per cogliere i complessi portati di quanto giunge dopo lunga riflessione. Le Brave ragazze del titolo sono dieci figure o gruppi di figure femminili per altrettanti brani attraverso i quali la musicista partenopea racconta piccole e grandi storie di donne o da esse ideate, componendo un concept che vuol essere un luogo della memoria affinché la scintilla ardente che ha animato quelle vite non cada nell’oblio, come “due mani giunte, che proteggono quella fiammella e l’aiutano a resistere al soffio del tempo“, nelle parole della stessa Flo. E dato che lei stessa rifiuterebbe un marchio di genere il disco si apre con Boccamara, passionale duetto con la maschera teatrale di Peppe Servillo, un tango noir che oscilla come un pendolo amaro sui bassi della chitarra, mentre la bocca, che parla con due voci agli antipodi e per questo si completano, diventa metafora di un dolore che cova vendetta, desidera graffiare e non s’accorge di smarrire la propria essenza: “che vita strana, vuoi essere palude tu che sei fontana“. Introdotta da una nenia che rispolvera i ritornelli della tradizione popolare salentina, Furtunata descrive con solare calore mediterraneo l’amore materno di una donna che adotta una bambina “te guardo ‘n faccia e nun’ m’assumiglia / ma si t’adduorm ‘mpiett a me /me si figlia“. Un amore che cita De André in una parola nascosta e passa attraverso la viola densa e le corde squillanti di Cristiano Califano, le percussioni avvolgenti di Michele Maione, il canto vezzeggiativo di Flo impastato di tale affetto e quotidiana confidenza da creare immediata spontanea empatia, e risvegliare i ricordi più profondi e felici di ciasuno di noi. Ma lo stesso sole che dà gioia può anche bruciare, ed ecco che dal crepitio di un vecchio grammofono arriva la decadenza afosa dei Caraibi con i primi versi dell’Autopitafio del poeta cubano Reinaldo Arenas Fluente, declamati nell’intro della Gran Tirana, scritta dal portoricano Catalino Curet Alonso detto Tite Curet e magistralmente interpretata dalla cubana La Lupe. Canzone che qui rallenta drammaticamente il ritmo salsero dell’originale, soffrendo nelle ombre lunghe e malate dei tramonti a l’Havana, che non è tanto diversa da Napoli ed è capace di trovare la stessa forza di ribellarsi con orgoglio alla maldicenza. Essere donna o volerlo essere, sentirsi tale, aggiungendo al pregiudizio insoddisfazione e rifiuto, è la storia di Maddalena che “controluce, dicono, sembra una donna vera” e si dispera mentre tende la mano alla chitarra preparata di Paolo Angeli, i suoi arpeggi complicati, le vibrazioni metalliche e le profonde ferite degli archi, mentre il tumulto della voce si placa infine come una candela spenta da una lacrima di speranza. Quella che non ha Violeta Parra quando si toglie la vita nel 1967 pochi mesi dopo aver pubblicato il suo album, intitolato come un fosco presagio Las ultimas canciones. Era l’album della celebre Gracias a la vida, ma anche dell’orgogliosa invettiva Maldigo del alto cielo, che si scaglia contro tutto e tutti “por culpa de un traicionero“, quasi fosse Cecco Angiolieri che sogna d’annegare il mondo. Flo traduce rispettosamente il brano in italiano per una versione energica e battagliera che rinunciando al timbro roco della voce raddoppiata dalla tromba accentua il ritmo etnico andino coi battiti di un cuore pulsante, una tensione epica che affila le unghie su un riff tagliente e divora un cuore in un magico rituale. Inizia col vento della viola, che allude alla drammatica metafora del testo, Milonga con sauces, tradotta dall’originale dell’argentina Leda Valladares nell’album Folklore de rancho del 1972. Le dolenti dissonanze dell’arpeggio solitario di Leda si addolciscono appena in questa versione che modula l’arrangiamento attraverso l’attento lavoro percussivo di Maione, corde distese, uno splendido inciso strumentale, e un canto di lenti sussurri e improvvise fiammate, vocalizzi sognanti e vaghi, che assorbono come spugna e vivificano le lacrime ardenti versate allora dalla cantautrice. Ancora un teso fraseggio sulle corde stoppate stimola il rinnovamento del tradizionale salentino Ferma Zitella, il cui fraseggio antico si amplifica man mano in un complesso intreccio armonico delle chitarre, crescendo di purezza che segna il vertice musicale dell’album. Ad alleggerire la tensione, ma solo in apparenza, l’ironia caciarona di Gabriella Ferri e la sua Me voi pe’ te, mezzo stornello mezza macchietta che diventa una dissacrante dichiarazione di indipendenza e libertà, riletta qui in maniera meno teatrale e sciantosa puntando su un timbro molto diverso, più controllato ed elegante, che non a caso cita il tema di Amarcord composto da Nino Rota per il celebre film di Fellini. E da Roma si torna a Napoli, anzi a rimpiangerla, nel doloroso canto di emigranti Connola senza mamma, portato al successo oltreoceano da Gilda Mignonette, morta tragicamente in mare durante la traversata da New York a Napoli, e reso ora da Flo con delicato, quasi muto, rispetto e grida strazianti che squarciano le viscere. L’ultimo capitolo di questo percorso di recupero e trasmissione di memoria rilegge Malemaritate, da Il mese del rosario della stessa Flo, energica rivendicazione di dignità contro la falsità e le ipocrisie e le condanne dei ruoli predefiniti, spostando ancora una volta il baricentro ritmico verso la furia vorticosa della pizzica su cui danza come un grido di guerra la voce assordante e potente di una donna finalmente libera. Cos’altro dire? Brave ragazze, brave davvero.
Credits
Label: SoundFly – 2022
Line-up:
Flo (voce) – Cristiano Califano (chitarra classica, chitarra battente, viola da gamba) – Michele Maione (frame drums, percussioni) – Peppe Servillo (voce) – Paolo Angeli (chitarra preparata)
Tracklist:
- Boccamara feat. Peppe Servillo
- Furtunata
- Gran Tirana
- Maddalena feat. Paolo Angeli
- Maldigo del alto cielo
- Milonga con sauces
- Ferma Zitella
- Me voi pe’ te
- Connola senza mamma
- Malemaritate
Link: Sito Ufficiale
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