Decisamente ambizioso questo nuovo disco dei Decemberists. La band di Portland in verità non dovrebbe scandalizzare nessuno con questo concept in stile folk-opera, poichè potrebbe tranquillamente essere letto come il punto di approdo di un processo e di una ricerca musicale che aveva sparso i suoi semi già in passato. Basti riferirsi all’ep The Train e all’interesse dimostrato per le piccole suite raccolte all’interno di un solo brano dalla lunga durata che già si erano manifestate con la splendida Sleepless di Dark Was the Night e in diversi brani degli ultimi Picaresque e The Crane Wife. Ma questo The Hazards of Love non è soltanto un concept ma molto di più. Una vera e propria opera che nasce e si sviluppa secondo i canoni dell’opera lirica, proseguendo su diverse vie. Un’opera che nasce incontestabilmente dal folk, midollo spinale di ogni composizione del combo di Portland, ma un folk che sa farsi anche sostrato per ospitare le mille suggestioni e contaminazioni. Un folk che sa essere accarezzato dalla delicatezza melodica del pop, che sa essere graffiato dall’energia e le chitarre distorte del rock old style alla Led Zeppelin (Repaid) e Deep Purple (The Crossing) o dalle sonorità più moderne dei Black Mountain (The Queen’s rebuke), dal progressive anni ’70 dei Genesis di Supper’s Ready e dei Jethro Tull (Margaret in Captvity e The Hazards of Love 3), dalla psichedelica dei Pink Floyd con tanto di coro di bambini (The Hazards of Love 3), dal waltzer che richiama le tradizioni lontane del folk (Isn’t It a Lovely Night). E non si può dire nemmeno che i Decemberists restino ancorati al passato disinteressandosi dell’attualità, poiché i richiami sono soltanto parte integrante di un lavoro mastodontico che ha il merito di partire dalle proprie origini per esplorare milioni di atmosfere e suggestioni diverse amalgamandole tutte insieme con immenso splendore senza mai suonare slegate tra loro o fuori luogo. E le caratteristiche a cui ben ci hanno abituato Colin Meloy e soci in passato di certo non mancano qui (The Hazards of Love 4 è il tipico pezzo in stile Decemberists e sicuramente tra i migliori di tutto il lavoro), presenti nella struttura di tutti i brani e forse snobbate da chi, nemmeno avendoli seguito troppo in passato, ha subito gridato allo scandalo o al flop. Una fiaba che narra l’amore tra la fanciulla Margaret e William; amore contrastato e ostacolato da svariati personaggi magici quali una strega volta all’intrigo, e decorato da un’ambientazione medievaleggiante e fantastica. Musiche incontestabilmente legate tra loro che non renderebbero, se non ascoltate nella totale interezza, tutte suggerite da un songwriting sempre brillante e geniale che sa seguire la storia in ogni punto, ogni sviluppo di trama ed emozionale, sa far nascere le immagini nella mente, sa aspettare e salire di tono senza mai scoppiare per rendere l’ansia e la preoccupazione, sa infuriarsi come la rabbia, sa farsi dura come la determinazione, la malinconia per gli ostacoli e le difficoltà, sa farsi commovente e drammatica per rendere la sofferenza. La vicenda si snoda e con essa la musica e le emozioni. Temi portanti che vengono connessi ad avvenimenti e sensazioni, ripresi in diversi punti del cammino e sviluppati diversamente a seconda di quello che suggerisce la storia. Un vero e proprio mini – musical che diventerebbe di certo un gioello preziosissimo se le immagini accompagnassero queste musiche incredibili. La presenza vocale di Colin Meloy è come sempre immensa e si fa meravigliosa insieme a quelle di Becky Stark (Lavender Diamond), della stupenda Shara Worden (My Brightest Diamond), di Robyn Hitchcock e Rebecca Gates (Spinanes), di Jim James (My Morning Jacket): gemme preziose ed introvabili , capaci di farsi attori veri e propri immedesimandosi in ogni sfaccettatura, ogni sentimento, ogni piccola sfumatura di colore dei personaggi che interpretano, destreggiandosi tra pause e accelerazioni sfocianti in climax. E gli elementi musicali sono sterminati con l’uso di una miriade di strumenti che offrono alle mille sensazioni un caleidoscopio di colori e timbri diversi, contribuendo alla grandezza dell’opera e rendendo speciale e peculiare ogni atmosfera. Ed allora ecco gli immancabili archi, accordion, slide guitar, stupendi ed evocativi clavicembali (The Wanting Comes in Waves), benjo (Annan Water), mandolino (An interlude), rhodes, fluato. Così i Decemberists (di)mostrano ancora tutto il loro splendore. Sicuramente tra le migliori uscite di questo 2009.
Credits
Label: Capitol – 2009
Line-up: Colin Meloy (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica) – Chris Funk (chitarra, synth, pianoforte, mandolino, percussioni, cori, arrangiamenti vari) – Jenny Conlee (organo, pianoforte, synth, fisarmonica, batteria) – Nate Query (basso, synth) – John Moen (batteria, percussioni, cori). Guests: Becky Stark (voce); Shara Worden ( voce) Colin Oldham (violoncello); Adam Hoornstra (viola); Greg Ewer, Keiko Araki (violino); Robyn Hitchcock (chitarra elettrica); Jim James, Rebecca Gates, Clara Ell, Joseph Ell, Natalie Briare (cori)
Tracklist:
- Prelude
- The Hazards of Love 1 (The Prettiest Whistles Won’t Wrestle the Thistles Undone)
- A Bower Scene
- Won’t Want for Love (Margaret in the Taiga)
- The Hazards of Love 2 (Wager All)
- The Queen’s Approach
- Isn’t It a Lovely Night?
- The Wanting Comes in Waves/Repaid
- An Interlude
- The Rake’s Song
- The Abduction of Margaret
- The Queen’s Rebuke/The Crossing
- Annan Water
- Margaret in Captivity
- The Hazards of Love 3 (Revenge!)
- The Wanting Comes in Waves (Reprise)
- The Hazards of Love 4 (The Drowned)
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