Come il Movimento Luddista, dal nome dell’operaio Ned Ludd che nel 1779 infranse un telaio, reagì violentemente all’introduzione delle macchine nell’industria, ritenute causa di disoccupazione e di bassi salari, allo stesso modo ci si scaglia oggi contro Auto-Tune, Soundtrap e tutta una selva di App di editing musicale, considerate colpevoli dell’attuale massificazione e decadenza culturale. Sbagliavano allora i seguaci di Ludd che non indirizzavano la propria rabbiosa sacrosanta protesta verso la classe dominante e sbaglia ugualmente chi attribuisce alla tecnologia la responsabilità di ingabbiare l’estro delle nuove leve, ma spesso anche dei più navigati autori, in una reiterazione asfittica di percorsi seriali plastificati. Per quanto l’utilizzo di un particolare strumento eserciti un’influenza inevitabile sugli artisti che se ne servono, e il discorso vale anche per le arti figurative e per la scrittura, l’estro trova sempre il modo di prevalere e indirizzare a sua volta i medium verso una visione creativa. Loop, drum machine, campionatori, software ed effetti digitali di ogni genere sono una presenza diffusa di tanti capolavori e pietre miliari della musica degli ultimi decenni tanto quanto le chitarre elettriche. I mali della musica risiedono altrove, nelle leggi del mercato, nella produzione miope ed avida, nei social, nella totale mancanza di educazione all’ascolto. A riprova che la buona musica può invece esser suonata con qualsiasi strumento o tecnica digitale ecco l’emozionante esperimento vocale Patterns for Auto-tuned Voices and Delay di Eliza Bagg, in arte Lisel, soprano nelle Filarmoniche di New York e Los Angeles, che vanta prestigiose collaborazioni da Lyra Pramuk a John Zorn. Partendo dal suono della voce, la propria, con in mente l’idea primordiale della vocalità come strumento fisico e la sua evoluzione nel tempo, attraverso le melodie medievali, la polifonia rinascimentale fino alle composizioni moderne, Lisel esplora la combinazione del corpo con la tecnologia, mostrando anche nell’estetica dei meccanismi architettati la sua passione per la fantascienza e capisaldi come Blade runner. Il corpo che produce la voce è lo strumento naturale, quello acustico o elettrico ne è dunque l’estensione, nelle parole di Eliza “siamo tentati di vedere i rapidi cambiamenti tecnologici come impedimenti per le tradizioni che ci circondano. Ma la nostra connessione con le forme antiche può essere amplificata e trasformata grazie a queste nuove realtà, non smarrita”. Ne deriva un lavoro spirituale che non a caso si apre con l’ascensionale Liturgy, seguita dalla polifonica One at a time, che cresce in stratificazione mistica di vocalizzi pulsanti, che in assenza di testo ripetono come un mantra le poche parole del titolo traducendole in essenza sonora, appena accompagnata da un disegno sui tasti bassi di un sintetizzatore, da cui sgorga infine una sottile piggia cristallina. Questa forma un lago sotterraneo dove cadono con eco le gocce di Stalactite, mai titolo fu più azzeccato, turbate dai colpi improvvisi di batterie sintetiche e dalle gommose modulazioni di un’elettronica organica e vivente. Le qualità liriche di Lisel emergono con evidenza nei candidi acuti di Wingspan, frecce tirate verso un cielo di zucchero sopra prati soavi, che si popolano con Immature di una Babele di vocalizzi in contrasto, finché dalle profondità di un basso inquieto sale l’intonazione dei vari gruppi che iniziano a danzare vorticosamente sospinti da sopraggiunti fremiti tribali. Poi il ballo si placa e si affonda lentamente nella densa ipnosi di Blades of grass, lame che praticano tagli profondi e lacerazioni mortali. E sembra una vana corsa in ambulanza quella di Plainsong con le sue sirene tremolanti, le sue melodie fratturate, le drammatiche asimmetrie e incoerenze. Ma la resurrezione trova la sua via corale in Polyphony for voices che getta ponti verso il cosmo andando a perdersi tra le lunghe distanze delle stelle, scoprendo l’inizio di una nuova armonia retta dalle rotolanti note riverberate di un’irriconoscibile chitarra artificiale, che tesse le trame in mutazione di At the fair, mentre voci divergenti sono spazzate dai rintocchi lugubri di campane astrali. Cala la bruma di Rising mist e porta con sé il canto antico di una divinità marina che proclama il suo dominio ineluttabile e un attimo prima che si allestisca il grandioso banchetto i vasti saloni del tempo sono percorsi dai silenziosi bisbigli di Whirlpool. Ed ecco che l’elettronica diventa mito, le app strumenti da suonare e l’arte della musica continua a viaggiare.
Credits
Label: Ba Da Bing! – 2023
Line-up: Lisel
Tracklist:
- Liturgy
- One At A Time
- Stalactite
- Wingspan
- Immature
- Blades Of Grass
- Plainsong
- Polyphony For Voices
- At The Fair
- Rising Mist
- Whirlpool
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