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Only God Was Above Us – Vampire Weekend

ONLY_GOD_WAS_ABOVE_US_VW_24Ci sono band che restano eterne incompiute, che restano in quel recinto del vorrei ma non posso. Questa cosa accade tipicamente alle cosiddètte indie-rock band che sono solite sperimentare di più. Il trio statunitense Vampire Weekend sembrava essere caduto in questa trappola con il quarto lavoro in studio Father of the Bride del 2019, dove si era completamente abbandonato alle certezze di strade più tranquillamente folk. Ora con Only God Was Above Us i Vampire Weekend sembrano aver ripreso il discorso intrapreso in Modern Vampires senza alcun passo falso. Only God Was Above Us è un album complesso, ispirato e persino leggermente impegnativo. Siamo davanti ad un capolavoro di pop barocco, dove l’aggettivo barocco non fa rima con pesante ma con elegante, brillante. La strumentazione è più sfidante, la produzione è più incontaminata e gli arrangiamenti sono più audaci che mai. Il tutto però maledettamente funziona perché gira intorno a melodie melanconiche senza tempo. Il frontman Koenig ha il dono di intravedere gli effetti della macrostoria rispetto la microstoria di ognuno di noi. Riesce ad estrarre le narrazioni più ricche da elementi secondari, ottenendo un puzzle di dettagli strani, riferimenti culturali di nicchia e osservazioni erudite sulle persone e sul mondo. Only God Was Above Us è il titolo dalla prima pagina del 1988 del New York Daily News riguardante un volo della Aloha Airlines il cui tetto è stato strappato via a metà volo: il giornale può essere visto lampeggiare il suo titolo audace come un avvertimento sull’immagine di copertina surreale dell’album, scattata dal fotografo newyorkese Steven Siegel come parte della sua serie Subway Dream degli anni ’80. La band sembra aver preso spunto dalla bizzarra visione quasi post-apocalittica di Siegel di New York alla fine del XX secolo. Only God Was Above Us ti imbocca  messaggi intricati attraverso il cucchiaino apparentemente dolce del pop e ti fa scoprire storie oscure dell’arte di New York e strani titoli di  giornali dell’epoca, parlando di sogni violenti, guerra, esistenzialismo e tempo perduto. Questa complessità testuale si accompagna con una densità di soluzioni sonore di pari livello. Sin dall’inizio questo approccio di strani accostamenti di suono e testo si manifesta nella prima traccia Ice Cream Piano, che possiamo senza  dubbio definire il microcosmo introduttivo di tutto il disco. Qui Koenig descrive un incontro tetro ma relativamente di routine con uno sconosciuto (“fanculo al mondo, l’hai detto piano / Nessuno poteva sentirti, nessuno tranne me“) e questa reazione cinica  si dipana in quella transizione lenta che attraversa il brano dai riverberi iniziali all’esplosione improvvisa di tamburi al galoppo, riff di chitarra brucianti, furiose pugnalate al pianoforte e archi danzanti. Non c’è il tradizionale assolo di chitarra rock, lo sostituisce un violino ad alta velocità, seguito da un violoncello altrettanto frenetico. Questo è uno dei trucchi geniali dei Vampire Weekend. Si chiama novità creativa. E così si prosegue per tutto il disco. Influenze da molti altri generi sono intrecciate nelle trame dell’album con apparente facilità; c’è il completo breakdown jazz di Classical, il ritmo ispirato all’R&B di Mary Boone che in qualche modo si fonde perfettamente con le sue note di pianoforte cristalline, e poi c’è qualunque cosa sia Connect: questa fusione assolutamente diabolica di pianoforte classico, produzione distorta, percussioni balbettanti, sax debordanti e archi orchestrali. Capricorn inizia come una ballata languida e malinconica con una bella pausa “indimenticabile” di pianoforte e una solida melodia vocale. Tomson, però, si lascia andare a suonare alcuni riempimenti selvaggi di batteria, che drizzano le orecchie degli ascoltatori. Circa a metà della canzone, però, altri rumorosi suoni di sottofondo si insinuano, unendosi a Tomson nel minare la delicata atmosfera del brano. La magia della canzone può essere trovata nel testo: “Troppo vecchio per morire giovane, troppo giovane per vivere da solo / Setacciando i secoli, per momenti tuoi“. Gran parte di Only God Was Above Us esplora la relazione tra età e storia, cercando uno scopo in un’esistenza vuota. Lo stesso accade in Gen-X Cops guidata da una scatenata chitarra elettrica dove si canta: “Ho schivato la leva, ma non posso schivare la guerra / Per sempre maledetto a vivere insicuro”… ancora una volta microstoria accanto a macrostoria. I riff di chitarra melodici e pizzicati apposta in Prep-School Gangsters si guadagnano immediatamente un posto tra i momenti esteticamente più piacevoli della discografia dei Vampire Weekend. La chiusura epica “Hope” giustifica quasi la sua durata di otto minuti. Un riff di pianoforte rilassato e allungato ricorre per tutta la traccia mentre Koenig torna più e più volte al semplice ritornello melodico, “I hope you let it go“. Queste due parti sono ganci robusti che resistono alla ripetizione richiesta per mantenere l’ascoltatore coinvolto per tutta la durata estesa della canzone. La band aggiunge piccoli elementi lungo il percorso, tra cui una sezione di ottoni, acustica e, alla fine, chitarre elettriche distorte. A parte un bridge, però, la canzone non cambia molto. La sua atmosfera easygoing e midtempo consente alla canzone di fluttuare piacevolmente senza diventare noiosa. Only God Was Above Us dimostra che nella stranezza c’è bellezza; le chitarre melodiche e pulite sono ben accette ma facoltative quando una band come i Vampire Weekend ha un sacco di assi nascosti nella manica. Quegli elementi odiosi di queste canzoni si trasformano in ganci dopo qualche ascolto. Mentre i primi quattro lavori dei Vampire Weekend davano l’idea di qualcosa che la band voleva realizzare, Only God Was Above Us possiede la spinta di qualcosa che dovevano realizzare. È una reazione viscerale alla vita nei tempi moderni: il caos e la confusione del mondo che ci circonda, la lotta per fare pace con il tuo posto nella cronologia della storia e la poesia che avvolge tutto questo. L’album cattura tutte queste cose durante la sua eccezionale esecuzione, fornendo ansia, complessità e una sorprendente bellezza dell’ equilibrio. Siamo davanti al miglior album dei Vampire Weekend e ad un candidato immediato per l’album dell’anno.

Credits

Label: Columbia – 2024

Line-up: Ezra Koenig (lead vocals, guitars, piano, occasional saxophone) – Chris Baio (bass, backing vocals, occasional piano) – Chris Tomson – drums, percussion, occasional guitars, backing vocals).

Tracklist:

01. Ice Cream Piano
02. Classical
03. Capricorn
04. Connect
05. Prep-School Gangsters
06. The Surfer
07. Gen-X Cops
08. Mary Boone
09. Pravda
10. Hope
Links:Sito Ufficiale, Facebook

Album – streaming

Capricorn – video

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