Schizzano fuori magmatici dallo sfrenato pastrocchio bucolico della neo-psichedelia americana questi Here We Go Magic, sorpresa ultima dal fronte di Brooklyn che ruota attorno al songwriting eclettico di Luke Temple, talentuoso menestrello post-romantico che conferma la regola di questo neo primitivismo cinguettante che scolora la scena indie newyorkese. Già quel Person Pitch dell’orso panda (batterista degli Animal Collective) due anni fa, sconvolse le classifiche dei talent scout dell’innovazione a suon di cori da giungla psichedelica e caotiche visioni post primaverili, gli Here We Go Magic sembrano essere più o meno su quelle coordinate, impiastricciando ancora di più quelle visioni lisergiche con riverberi, caleidoscopi ritmici, sovrapposizioni di suoni e circolarità elettronica. La morale della favola è sempre quella di una ritrovata socialità collettiva, spensierata come un viaggio con la mescalina a lieto fine, primitiva come una danza di terra vorticosa e disinibita. Così l’effetto è magmatico, torniamo a dire, e nel senso più ampio del termine, psichedelico. Dalla poliritmia tribale e ipnotica di Only Pieces, che apre il disco, si passa per il folk sgraziato da zoo di Fangela che col ripercorrere le intuizioni di Panda Bear finisce quasi col citare i TV on the Radio più libertari. Tra i fumi densi dell’acida Ahab viene quasi voglia di scorgervi dentro i Police più indisciplinati che giocano a canticchiare sulla morte del ritmo. Tunnelvision è un offuscato ritornello da spiaggia per tintinnare minimalista di chitarra sotto effetto di acido. Non mancano nemmeno le parentesi puramente strumentali, come il brodo psichedelico per interferenze circolari di Ghost List, o il breve tappeto alla Tony Conrad di Babyohbabyijustcantstanditanymore, che fa da preludio all’oscura litania per propagazione di onde cosmiche di Nat’s Alien. Sul minimalismo elettronico di I Just Want to See You Underwater s’avvita deliberato un radio refrain accattivante lambito da distorsioni ed effetti, mentre la chiusura è inaspettatamente affidata all’accorata ballata folk anni ’60 di Everything’s Big, che non esiteresti ad inserire in un 33 giri dei Kinks più romantici. Un esordio esaltante dunque questo degli Here We go Magic, tanto da poter contare su pareri più che entusiasti persino dalle parti del Rolling Stone e contornato da una lunga tournée in lungo ed in largo per gli States come spalla dei Grizzly Bear. Una prova di coraggio e fantasia per Luke Temple, che speriamo possa trovare un seguito nutrito nell’immediato futuro.
Credits
Label: Western Vinyl – 2009
Line-up: Luke Temple (voice, all intruments); live: Peter Hale, Mike Bloch, AJ Lambert, Kristina Lieberson, Luke Temple
Tracklist:
- Only Pieces
- Fangela
- Ahab
- Tunnelvision
- Ghost List
- I Just Want to See You Underwater
- Babyohbabyijustcantstanditanymore
- Nat’s Alien
- Everything’s Big
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