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What a wonderful world: Afterhours @ Teatro Romano (VR) – 30/05/09

afterhours_live_giugnoNuovo tour per gli Afterhours, questa sera alla seconda data, in una location incantevole. In cima ad una massiccia scalinata di pietra si apre l’anfiteatro, circondato e protetto da alberi, sovrastato da una piccola chiesa. Mentre il sole tramonta su questo spazio magnifico, il vociare si fa sempre più intenso. E poi il buio… In un applauso fragoroso appaiono sul palco, prendono posto e che lo spettacolo abbia inizio, piano piano, sulle note di Dove si va da qui. L’atmosfera intima e raccolta dura il tempo di una canzone e poi si fa spazzare via da una tempesta che si chiama Il paese è reale: Cristiano Godano è chiamato a condividere il palco, in una performance che risulta migliore di quella del primo maggio, più equilibrata e di grande impatto. Il pubblico conosce ogni sfumatura di questo brano, il momento esatto in cui battere le mani, il momento per urlare e quello per tacere.
Godano sale sul palco diverse volte e insieme agli Afterhours interpreta anche due brani della sua band: la bellissima Impressioni di Settembre e Uno.

L’acustica dell’anfiteatro è quasi impeccabile, l’aria vibra delle musiche, la cover della PFM in particolare sembra voler squarciare il cielo: la voce calda di Cristiano si erge sulle melodie, Manuel al piano osserva compiaciuto ed il violino di Rodrigo arriva sempre puntuale e non manca mai di farsi notare.
In tutta la serata, del resto, quest’ultimo si dimostra valore aggiunto. Chi pensa che la mancanza di Gabrielli toglierà potenza al suono avrà da ricredersi: il polistrumentista ha certamente lasciato un segno con la sua permanenza nella band milanese, ma la nuova dimensione live, pur senza i suoi fantasiosi appunti, è sublime. Il merito è prima di tutto proprio di Rodrigo d’Erasmo, ormai completamente padrone del proprio ruolo e maestro di un suono unico e struggente. Gli arrangiamenti aiutano a tirar fuori l’attitudine più elettrica e ognuno svolge il suo compito con precisione, compreso il solito Manuel Agnelli; il solito rigoroso, umano, umorale, passionale Manuel, con quella voce che a volte ti fa salire un nodo in gola. Ascoltare per credere: “Eroe del mio inferno privato/ Sei un giro di routine/ Indossi il vuoto con classe/ Ma è tutto ciò che avrai”.
Più di due ore di musica, in un percorso che si snoda lungo tutta la produzione della band. Infilate come perle in uno spago, scorrono Quello che non c’è, Sulle labbra, La vedova bianca, Non è per sempre. E mentre ascolti tutta questa meraviglia, viene naturale pensare che gli Afterhours sono un pezzo fondamentale della musica italiana. Guardi le persone intorno e le vedi abbracciarsi e saltare, tenere il tempo e cantare. Vedi migliaia di labbra schiudersi a cantare le stesse parole: “Ed ecco arriva l’alba so che è qui per me/ Meravigliosa come a volte ciò che sembra non è”… “Uccidi ma non vuoi morire”…  “E tu vendi come un sogno la normalità/ che mi ucciderà”… “Sai Mimì che la paura è una cicatrice”…  “Io voglio far qualcosa che serva”. Mille messaggi ci sono arrivati da queste canzoni, mille immagini da interpretare e istinti da scoprire, mille parole che sono rimaste incise in ognuno.
Tra tutti questi brani con cui commuoversi, c’è spazio anche per due omaggi: il primo è quello a Elvis Costello con l’elegantissima Shipbuilding, il secondo è l’inaspettata quanto riuscita cover di What a wonderful world di Louis Armstrong. E dopo il buio ritornano le luci artificiali ad illuminare l’antifeatro, a svelare i sorrisi delle persone che pian piano escono, tornando ognuna alla propria vita, ma con un’emozione in più.
Inutile dire che, ancora una volta, non dovete perderli dal vivo. Sono grandi. (Lost Gallery)

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