Super 8. Zero budget. Ovvero quando una manciata di minuti d’immagini rivelano la poesia e l’attitudine a certe forme di incantevole bellezza, nonostante tutto. In un’epoca di decadenza visiva, in senso lato, è ancora possibile vivere il girato come una ricerca e un’esplorazione dei dettagli e delle suggestioni… per arrivare ad un video in sé compiuto, circolare, ritmato, alieno da canoni che rendono l’arte (presunta) un prodotto pre-confezionato e anonimo. The Puritans è il primo videoclip ufficiale di Casador alias Alessandro Raina ed è firmato dalla giovanissima regista Elisa Fabris, attenta e puntuale come un talento riesce ad essere. Nessuna sceneggiatura. Una partenza, uno scorrere di luoghi freddi e caldi, tra la Tunisia e il Friuli. Luoghi impressi negli occhi. Luoghi che raccontano, dalla neve dell’inverno al rosa che saluta la primavera. Come una danza. Come un ripetersi. LostHighways incontra Alessandro e Elisa.
“La neve si scioglie, fra risa e catastrofi, le canzoni finiscono: di ciò che non resta va fatto tesoro” (Casador)
Com’è nata la collaborazione tra Casador e Elisa Fabris e come ha preso forma il progetto di un video senza sceneggiatura?
Alessandro: Ci siamo conosciuti circa due anni fa ma prima di proporle qualcosa ho atteso di avere con me la musica giusta. Mi ha colpito da subito il suo essere distante da tutto, fisicamente e artisticamente. Con mio grande sollievo in lei non ho trovato il manierismo e le velleità che attanagliano troppi video maker italiani sotto i trent’anni. Nelle sue opere si fondono una grande conoscenza della regia (e del cinema) e un’ ipersensibilità assolutamente misteriosa e femminile.
Nei suoi video come nei suoi quadri o nel suo modo di fare c’è un sottofondo raro, antico ed era innazitutto questo che volevo nel mio video. La sceneggiatura magari la metteremo nel prossimo.
I luoghi (così contrapposti) del video hanno un motivo preciso? Mi spiego: sono stati scelti, voluti?
Elisa: La montagna lo era inizialmente: erano giorni in cui riflettevo a proposito di un immaginario che potesse descrivere il brano di Casador, e mi sono ritrovata un pomeriggio in un paesino premontano affacciata a una finestra. Scendeva la neve e quel quadro mi ha suggerito che fosse quello il fulcro, come in effetti è stato.
Alessandro: Gli unici luoghi voluti che compongono un viaggio sono quelli della partenza, poi tutto si svolge per vie traverse, se di viaggio si tratta. Di sicuro ci affascinava attraversare scenari così diversi che sentivamo anche dibattersi dentro di noi. La solarità, il ritmo ipnotico, i pieni/vuoti di colore dell’Africa Settentrionale che si trasformano in macchie di silente vegetazione e ghiaccio alienante fra i monti friulani, il tutto nel breve spazio di pochi giorni. E’ stata un’esperienza molto profonda e al contempo istantanea, per questo forse il video è fatto di tanti frammenti che ruotano attorno ad un centro insieme alla canzone, che è molto ‘narrativa’ e circolare anche nella sua struttura.
Le inquadrature che, visionando il lavoro nella sua forma definitiva, più ti/vi hanno emozionato…
Elisa: Da parte mia direi le sequenze di occhi dissolte sui diversi scenari, mi piace l’idea dello sguardo applicato matericamente sopra il “guardato”. Nello specifico forse la parte iniziale con i rami, che trovo quasi ornamentale, e quella più avanti che si interseca con l’uccello (a sua volta tunisino). E poi sono affezionata alla sequenza colorata dei fuochi artificiali: in quel momento questi esplodono e creano luce, e così con il testo del brano a mo’ di sottotitoli mi pare riescano a creare un momento di raccoglimento, una pausa in cui l’attenzione non si fa più prettamente visiva ma evocativa… credo sia una sezione in cui uno spettatore immagina, non vede direttamente.
Alessandro: Gli elementi corporei, la danzatrice, i visi, gli occhi, l’uccellino, proprio perché dissolti nell’immagine, nel colore della natura che non si capisce bene quanto sia benigna o maligna.
Il girato e il suo tempo dilatato. Il montaggio e la resa di un’estetica in pochi minuti…
Alessandro: C’erano mondi in tutto quel girato. Ho chiesto a Elisa di cercare di mantenere solo un minimo di coerenza con il ritmo della canzone, o avremmo rischiato di trovarci di fronte ad un caleidoscopio.
Tornando sui suoi passi ha saputo cristallizzare i momenti cruciali di ogni sequenza ed è emersa anche una storia quasi ‘stagionale’, secondo me piuttosto nitida se si riguarda il video per due o tre volte.
Elisa: In fase di montaggio ho sentito l’esigenza di intercalare tra gli squarci invernali altre immagini che avessero un sapore diverso; allora ho ripescato da archivi precedenti quei momenti che mi sembravano comunicare sul piano visivo con quelli che avevo appositamente girato. La ballerina, i rami degli alberi, così come altri dettagli (sempre comunque ridotti rispetto alle riprese sulla neve) hanno a mio avviso “chiuso il cerchio”, facendosi collegamento non logico-strutturale ma esclusivamente visivo, formale.
Super 8. La sua poesia malinconica “oggi”…
Alessandro: Non cercavamo un effetto vintage a tutti i costi. Si è trattato di una coerenza con le opere di Elisa che mi hanno colpito da subito, proprio perché non manieriste ma figlie legittime di un immaginario e di un cinema che oggi non si fa più. Ovviamente dover lavorare a zero budget ha fatto il resto.
Sarah Moon e Jane Campion nutrono lo stile di una regia sognante, sospesa su un tempo cristallizzato…
Alessandro: Credo siano esempi utili per capire l’approccio di Elisa, che formalmente è molto solido e consapevole, e già molto coerente nonostante la sua giovane età. Amo la verità di queste artiste, che mostrano un grande rispetto per ciò che riprendono, siano persone o cose e sanno quando eclissarsi.
Elisa Fabris
www.myspace.com/elisetta
Casador (Alessandro Raina)
www.myspace.com/songsofcasador
casadorwords.blogspot.com