L’amore evocato nelle sua dimensione mitologica, dove tutto diventa simbolo e paradigma. L’amore di Filemone e Bauci come riflesso di uno specchio capovolto in cui la nostra società rivela i tratti di un volto deturpato dall’incoerenza sentimentale, dalla debolezza affettiva, dall’egoismo, dall’ignoranza, dalla frivolezza, dall’individualismo, resi scudo e alibi di esistenze ipocritamente gaudenti. Gli Amor Fou partono ancora una volta dalla profondità dei contenuti, questa volta calati in una dimensione sonora completamente diversa da quella del disco d’esordio (La stagione del cannibale, 2007). Perdono Cesare Malfatti e Lagash, acquistano Giuliano Dottori (già supporto della dimensione live). Vestono ancora l’abito pop delle grandi ed eleganti occasioni, ma senza trame d’elettronica, piuttosto col filato di una ricerca nella composizione che segue il taglio di una certa attitudine artigianale. Filemone e Bauci è l’ep, uscito ai primi di Giugno, che racchiude la nuova storia degli Amor Fou. Alessandro Raina ce la racconta. (Il Ticinese è in streaming autorizzato)
Il mito di Filemone e Bauci è un pretesto per gettare lo sguardo sul presente, su una generazione abortita all’atto stesso della nascita. Un presente opposto al passato, cristallizzato ed edulcorato, del mito…
Innanzitutto credo che per noi italiani la cultura sia molto più che un dovere, visto il nostro patrimonio. Il classicismo, che ho approfondito molto a partire dagli anni del liceo, è un contenitore modernissimo che offre parecchie chiavi di lettura, visto che in esso si compenetrano etica, religione, filosofia, mito, razionalità in una prospettiva sistematicamente rivolta al vivere quotidiano. Un collegamento etico/estetico fra cultura e società che in Italia si è quasi completamente perso. L’ep mette a confronto, anche se in modo sfumato, l’Italia che vivo io con quella di metà anni settanta, in cui fra mille tensioni fiorivano l’idealismo e la socialità non ancora devastati dalle droghe, dai racket, dalle deformazioni del capitalismo, dall’individualismo che è anticamera dell’indifferenza. E’ un percorso di avvicinamento: sul nuovo disco si parlerà invece solo e soltanto dell’oggi.
La scelta di quel mito, che presta il titolo all’ep, è stata ragionata oppure una contingenza, una coincidenza ti ha spinto ad usarlo?
Filemone e Bauci rappresentano una rievocazione, oggi potremmo dire ‘reazionaria’, di una concezione coniugale dell’amore. ‘Coniugale’ nel senso di fedele, progettuale, spiritualmente vincolante, in anteposizione ad una perdurante crisi dei valori di coppia, fomentata da una finta liberazione sessuale, dall’edonismo televisivo, dal carrierismo, dal mito dell’eterna giovinezza, dall’immaturità con cui si affrontano i percorsi sentimentali.
L’ep delinea una svolta nella storia degli Amor Fou. Sono cambiati i suoni, la scrittura, il cantato. L’approccio alla struttura della canzone è completamente diverso. La profondità rimane la cifra stilistica, ma si sente un certo equilibrio tra cesello e immediatezza…
Sicuramente con il cambiamento di formazione si è imposta definitivamente un’attitudine artigianale legata a un certo modo di vivere la musica, la scrittura, ancora prima del concepimento di un disco. Io vengo da due anni in cui ho suonato ininterrottamente anche da solo, un periodo in cui ho potuto finalmente lavorare su me stesso, sui miei limiti, sugli elementi da valorizzare meglio, su come metterli a fuoco e capire a che punto fossi. Anche il modo di operare è completamente diverso. Questi brani sono stati scritti, arrangiati, suonati e successivamente registrati: la differenza fondamentale è questa. Il primo disco nacque in buona parte a tavolino, con i brani che venivano scritti e incisi contemporaneamente. Un’esperienza che non ripeterò mai più in vita mia.
Adesso il progetto ha un’identità più matura, più consapevole, più originale seppur nutrito da referenti precisi…
Con Leziero non si smette mai di confrontarci su cosa dire e su come dirlo e questi brani sono il frutto di quell’attitudine da cui proviene anche il nome stesso della band.
Ovviamente il cambio di line up è una chiave interpretativa per l’evoluzione degli Amor Fou…
Assolutamente. Nel rispetto di due musicisti il cui curriculum è invidiabile non era fisiologicamente più possibile e nemmeno coerente continuare un percorso vissuto con presupposti, attitudine, entusiasmi e coinvolgimenti completamente diversi. Peraltro non va dimenticato che già dopo le prime date di un tour molto intenso Lagash aveva iniziato a lavorare stabilmente con i Marlene Kuntz, obbligandoci a sostituirlo in vari modi, e Cesare aveva deciso di non partecipare più ai concerti.
Come leggi oggi La stagione del cannibale?
Come un disco che presenta standard rari per la scena alternativa italiana (non solo indie), ma penalizzato da troppi compromessi e malintesi scritti nel suo dna. Un lavoro ispirato a una tematica profonda, di cui guarda caso si è parlato quasi più che del disco, ma che evidentemente non tutti percepivano allo stesso modo. Per alcuni di noi era un lp che doveva attirare l’attenzione (e i soldi, ma quali?) delle major. Per altri era il primo capitolo di un preciso percorso musicale e culturale.
Ti faccio un esempio: la scelta di non provare i brani prima di registrarli ha fatto sì che le tonalità dei cantati si siano rivelate tutte troppo basse e molto difficili da eseguire dal vivo, con ovvie problematiche di resa. Detto ciò, è un disco dal sound sicuramente un po’ datato ma che fra dieci anni probabilmente suonerà ancora bene, e non so se si possa dire lo stesso di tanti titoli molto più celebrati in questi ultimi due/tre anni.
La title track ha due vite. La prima metà più lineare. La seconda metà ricca di derive cinematografiche…
Volevamo chiarire che in tutti questi mesi erano successe delle cose, che il nostro sound e i nostri contenuti sono stati rimuginati ed elaborati e abbiamo scelto di farlo in modo radicale, con un brano di 8 minuti, intrinsecamente non radiofonico, che mettesse in luce alcuni elementi, della scrittura, del cantato, del suono. La coda strumentale è un elemento peculiare del nostro sound dal vivo, specie da quando Cesare ha smesso di seguirci dal vivo e il live è diventato più viscerale e sganciato dalla macchinosità delle programmazioni.
Mi parli de Il Ticinese?
E’ la canzone che forse sintetizza meglio i temi dell’ep, pur essendo quasi tutta strumentale. Il testo è nato immaginando un personaggio che ha il fegato spappolato di Piero Ciampi e gli occhi di Gian Maria Volontè in Banditi a Milano. Ma Ticinese è anche il nome di uno dei quartieri simbolo della decadenza di Milano. Un tempo culla della malavita romantica, dell’arte popolare, arteria del commercio portuale dei navigli, ed oggi esperimento parzialmente fallito di strada fashion in stile Londra/Barcellona, accozzaglia di localucci di plastica in cui ti senti a casa solo se fai parte di una delle varie cricche di giovani (e non) rampolli, e orrende boutique di street culture, dove nel weekend sembra di vivere una puntata ‘open’del Grande Fratello.
Provare per credere.
La cover de L’ultima occasione completa il mood dell’ep, così da sembrare quasi scritta per gli Amor Fou ed il loro ritorno…
In realtà l’abbiamo inclusa perché in origine doveva essere il brano da interpretare live a Scalo 76, nella puntata dedicata a Mina. All’ultimo ci cambiarono il brano, ma ci sembrava un peccato lasciarla per sempre nel cassetto. Di certo mi fa un certo effetto pensare di aver cantato ben due canzoni della grande Mina, se penso a tutti i complessi che ho sempre avuto rispetto al canto.
Considerando le attuali dinamiche di fruizione della musica e le esigenze di una band, che soffre delle tempistiche di produzione e distribuzione dei canali discografici, due scelte particolari accompagnano Filemone e Bauci: il singolo lanciato in free download e l’ep affidato al sistema E-junkie (modalità “fai tu il prezzo”)…
Non pensavamo che un ep di tre brani giustificasse l’investimento di una label, anche perché a questi livelli e è molto più facile veicolare il cd attraverso i concerti. In realtà la risposta è stata buona, stiamo esaurendo la prima tiratura e non escludiamo una ristampa meno artigianale, in vista di un mini tour nei club.
L’edizione limitata di Filemone e Bauci contiene il tuo racconto omonimo. Una storia privata che riflette la Storia. La prosa diventa estensione dell’ep. C’è una frase che, per me, è il collegamento istintivo: “Poi il sangue tornò”…
La lettura che dai è molto interessante. Con la scrittura mi sono sempre voluto misurare con estrema cautela, nonostante sia il mio primo amore, insieme al wrestling (fino agli anni ’90). Sicuramente il sangue è elemento simbolico fortissimo nell’immaginario del racconto, tanto nello scandire il ciclo vitale della coppia protagonista (in quel caso rappresenta una gravidanza mancata) che nel macchiare gli anni di cui scrivo, in cui tanto ne è stato versato per cause sempre sbagliate.
Gli Amor Fou sono in tour. E poi? Cosa accadrà?
In realtà ci siamo presi l’estate per mettere a punto ogni dettaglio, dare a Paolo (il nuovo polistrumentista che ci accompagna dal vivo) il tempo di inserirsi e produrre il materiale che servirà a divulgare l’ep da qui a fine anno. Tutto confluirà in un mini tour nei principali club italiani in cui proporremo uno spettacolo condito da nuovi brani, un cortometraggio che farà da traino fra l’ep e il prossimo disco e altre piccole novità. Saranno le prove generali del nuovo album.