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Gosta Berling Saga – Detta har hänt

gostabsDi questi tempi basta volgere lo sguardo su un catalogo qualunque di produzioni scandinave per rendersi conto di quanto sia fervida e variegata la scena musicale nei paesi nordici. In ambito progressivo negli anni si è coltivata quell’ambizione, più o meno intinta di nostalgia, di continuare nel bene o nel male su quel filone che rese leggendarie le gesta di tantissimi gruppi del decennio ’70. Direttamente da Stoccolma questi Gosta Berling Saga, che prendono in prestito il loro nome da un romanzo della propria connazionale e premio Nobel Selma Lagerlof, a tre anni di distanza dal loro esordio, ci provano con Detta har hänt a ripercorrere gli stilemi di un rock progressivo e strumentale, mai troppo manieristico data la grande competenza e varietà tecnica con cui si dipingono sulla tela le strutture incisive di ogni brano, ma che affonda le sue radici direttamente agli anni delle lunghe suites, non potendo non farci venire alla mente le linee più fusion dei King Crimson o di certe formazioni di Canterbury. Il mood, pur conservando l’epicità tipica del genere (ed il lunghissimo assolo di chitarra di Västerbron 05:30 o gli andirivieni ipnotici di Bergslagen ne sono la conferma ) non eccede mai in atmosfere troppo romantiche, intingendo invece la punta del pennello ora in connotazioni più jazz/fusion (l’apertura ruvida e rocciosa di Kontrast, o la cavalcata epica di Fem Trappor, introdotta da un turbinio di interferenze elettroniche) ora in dilatazioni e ripensamenti più vicini ad un’anima post-rock come il minaccioso intimismo cupo di Sorterargatan 3 (probabilmente uno degli episodi più convincenti) che muta in un freddo crescendo strumentale, dove il basso incalza e segna il cammino gelido e minimalista, o nelle sospensioni di Nattskift che si ammantano su un onirico tintinnare di synth, un fazzoletto di ghiaccio e neve che fa eco d’intorno, bagnando le mani e la fronte. L’offuscata e psichedelica Svenska Hjärtan è l’episodio più breve, circoscritto su un melodiare pianistico, e insiste nell’aprire un varco verso un avant-prog perennemente conteso tra dilatazioni e accelerazioni. Un disco che in più momenti, convince, esalta, ma che dà un po’ troppo l’idea di una sequela di esercizi di stile e minuziosità tecnica, che spesso non lascia il cuore libero di battere regolare su un centro pulsante che non sia necessariamente da pensarsi come l’afflato romantico dei King Crimson. Come dire che c’è tanta, troppa carne al fuoco, ed a volte non si ha proprio il tempo per digerirla. Ma per il resto c’è davvero tutto e poi, se vi dicessimo ancora nell’orecchio che il progressive infondo non è morto, potreste prenderla ancora male.

Credits

Label: Transubstans – 2009

Line-up: Einar Baldursson (guitars) – David Lundberg (fender Rhodes) – Gabriel Hermansson (bass) – Alexander Skepp (drums, percussion)

Tracklist:

  1. Kontrast
  2. Sorterargatan 3
  3. Svenska Hjärtan
  4. Fem Trappor
  5. Nattskift
  6. Bergslagen
  7. Innilegur
  8. Västerbron 5:30

Links:Sito Ufficiale,MySpace

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