Tutto riprende da dov’era finito: l’interminabile fischio elettrico che chiudeva Maria Maddalena introduce alla vita le prime note del nuovo album e da subito A sangue freddo svela le ambiziose innovazioni musicali che la band ha apportato al proprio sound.
Più introspezione e più cura, queste sono le premesse da fare parlando della seconda opera discografica del gruppo, perchè in questi dodici brani abbandona la necessità di colpire forte per farsi strada nel profondo: ora, per giungere nell’animo dell’ascoltatore le vie sono più pulite, ma per questo non meno dolorose.
In Io ti aspetto il suono affilato degli archi crea nuove ferite che non verranno risparmiate nella successiva In due, caratterizzata dalla tipica sessione ritmica de Il teatro degli orrori affidata alla prepotente batteria di Francesco Valente ed al potente basso di Giulio Favero.
La chitarra di Gionata Mirai acquista sempre più spessore e, nel brano che dona il titolo all’album, sfoggia tutta la sua graffiante ferocia, apportando al momento giusto colore e melodia al duro rock della band. Omaggio al poeta nigeriano Ken Saro Wiwa, A sangue freddo inneggia all’immortalità delle idee e degli uomini stessi: “E’ nell’indifferenza che un uomo vero muore davvero“.
Mai dire mai è un pezzo irruento, nello stile tipico della band, con una coda leggera e melodiosa di chitarra acustica, mentre lo stupore esplode nella mente all’ascolto di Direzioni Diverse: tutto ci si poteva aspettare, ma non l’elettronica, e il risultato è a dir poco sorprendente. La ruvida voce di Pierpaolo Capovilla si adatta perfettamente al ritmo ossessivo del brano, alla tensione innalzata dal suono sintetico degli archi, alle pause, alle salite, alle discese, alla profondità desolata del testo.
Il terzo mondo sputa la rabbia verso una società che appare senza speranza: il terzo mondo di cui si parla è forse uno specchio in cui vedere riflessa la nostra Italia e le derive razziste e populiste dei “miserabili al potere“. La critica politica (e l’uso dell’elettronica) continua in Padre nostro: “se soltanto le pietre potessero parlare / griderebbero vendetta / padre nostro / non perdonarli mai / sapevano e sanno benissimo / quello che fanno / dicono sia legale!”. L’importanza del testo è un caposaldo dell’intero album, e prova ne è anche Majakovskij, inusuale reinterpretazione di un’opera del poeta sovietico, nella continua citazione della teatralità di Carmelo Bene.
In Alt! si ripercorrono (forse eccessivamente) le strade battute con un precedente pezzo forte della band, Carrarmatorock!, ma la voglia di novità riaffiora in E’ colpa mia e La vita è breve: i due brani sono complessi ed allo stesso tempo orecchiabili, probabilmente i meglio riusciti dell’intero disco.
La batteria di Jacopo Battaglia è chiamata ad incarnare il tempo che scorre inesorabile e a rilento in Die Zeit. Un amore finito, una ferita che è una voragine e le laconiche parole “l’amore è bello / se fa male / ma quanto male / devo ancora farti / per verderti andartene?“. La sofferenza è lacerazione, liscia abrasione e candido stridore nei bicchieri musicali di Robert Tiso.
Con questa desolazione si chiude A sangue freddo, un album potente e magnifico nella sua intensità sonora, in cui nulla è dato al caso. Un disco cupo, anche rispetto a Dell’impero delle tenebre, il quale portava in grembo brani più poveri ma immediati.
Con quest’ultimo lavoro Il teatro degli orrori vuole scrivere musica, non cantare canzoni, mirando quindi ad emozionare con qualcosa di diverso e più ambizioso. Una vera e propria opera, in cui tutto è legato da un sottile filo tagliente come una lama, dove sono ancor più accentuate l’espressività teatrale e la tematica politica mai faziosa.
Esce il 30 ottobre, anticipato dal singolo dall’omonimo titolo. A sangue freddo si appresta ad essere uno tra i dischi più acclamati della stagione, pur rimanendo difficile eguagliare il successo del precedente album. D’altronde la band ha deciso di seguire una strada complessa, e questo porterà ad un’ardua prova nell’esecuzione dal vivo. Una magia nuova ha preso forma tra i componenti della band, e solo la prova live darà modo di capire se le “direzioni diverse” saranno seguite realmente o rimarranno una magnifica espressione del lavoro in studio.
Credits
Label: La Tempesta/Universal – 2009
Line-up: Giulio “Ragno” Favero (produzione, basso, chitarra) – Pierpaolo Capovilla (voce) – Gionata Mirai (chitarre) – Francensco Valente (batteria). Hanno inoltre collaborato: Jacopo Battaglia (batteria in Die Zeit) – Giovanni Ferliga (chitarra solista in La Vita è Breve) – Angelo Maria Santisi e Nicola Manzan (violoncello e violino in Io ti Aspetto e in Alt!) – Paola Segnana (musica e pianoforte di Io ti Aspetto), Francesca Gaiotto (pianoforte in Io ti aspetto) – Richard Tiso (basso in Die Zeit) – Elena Grazi (moog in Alt!) – Robert Tiso (bicchieri musicali in Die Zeit e Io ti Aspetto) – Bloody Beetroots (elettronica in Direzioni Diverse)
Tracklist:
- Io ti aspetto
- Due
- A sangue freddo
- Mai dire mai
- Direzioni diverse
- Il terzo mondo
- Padre nostro
- Majakovskij
- Alt!
- E’ colpa mia
- La vita è breve
- Die zeit
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