“Perché è scomparso il piacere della lentezza? Dove mai sono finiti i perdigiorno di un tempo? Dove sono quegli eroi sfaccendati delle canzoni popolari, quei vagabondi che vanno a zonzo da un mulino all’altro e dormono sotto le stelle? Un proverbio ceco definisce il loro placido ozio con una metafora: essi contemplano le finestre del buon Dio. Chi contempla le finestre del buon Dio non si annoia; è felice.” (da La Lentezza di M. Kundera). I Ka mate ka ora riescono a contemplare quelle finestre. Le aprono su cieli squarciati di tumulti interiori dove perdersi in una galassia di stelle estive è facile abbandono. In Thick as summer stars si odono bufere dell’anima su accenti di chitarre spoglie, su note allungate nel buio di una pioggia che schizza costantemente sui vetri di quelle finestre del buon Dio. Brani come All round, Calm Down traghettano l’ascoltatore su isole pacifiche dove tutto è possibile, dove gli ultimi Pink floyd di The Division Bell si intersecano con i Sigur Rós e gli Explosion in the sky. Draw a straight line and follow it è un’apnea interiore che può liberare spettri nascosti dell’ascoltatore. In Shaving anti-clockwise ci sono le lezioni delle dilatazioni dei Giardini di Mirò. Bonnie è lievitazione sonora che incontrerebbe i favori degli Slow Dive. Le intuzioni di questa band pistoiese sono notevoli e originali. Hanno goduto di collaborazioni come Samuel Katarro e Kramer (il produttore di progetti come Low e R. Wyatt). Il disco d’esordio dei Kate ma ka ora è la danza progressiva della vita e della morte alla ricerca della giusta dimensione del tempo e dello spazio, dove l’unica ricchezza che abbiamo è la lentezza. Disco che ti scava dentro da farti tanto bene.
Credits
Label: Autoprodotto – 2009
Line-up: Alberto Bini (drum without Charleston) – Carlo Venturini (fuzz bass) – Stefano Venturini (guitar and sad singing).
Tracklist:
- Pony’s broken leg
- All around
- Calm down
- Draw a straight line and follow it
- Shaving anti-clockwise
- Kid song
- Bonnie
- Rain is coming faster
Links: MySpace
Un solo commento
Pingback: Il rock che professa la bellezza della lentezza: Intervista ai Ka Mate Ka Ora : Lost Highways