Quando i Mariposa suonano in casa, ed il Locomotiv è forse anche più della loro casa, si scatena sempre la festa. Il 4 Dicembre Bologna è una tappa obbligata per il mini tour intitolato Concerto Grosso che, offrendo sul palco Mariposa e Julie’s Haircut, diventa un evento quasi imperdibile per chi nella città felsinea si ciba di musica.
Una festa vera e propria, che supera la dimensione concerto: sopra e sotto il palco ci sono amici, conoscenti, facce da concerto già viste nei vari locali della città, musicisti di altre band accorsi solo per il gusto di una serata divertente. L’accoppiata Mariposa e Julie’s Haircut stuzzica sicuramente la fantasia: due band dal suono diametralmente opposto cosa riusciranno a combinare insieme?
Le premesse sono di grande affiatamento e svariate incursioni e fusioni delle band, con scalette anche a tratti improvvisate: nella realtà questo non è completamente accaduto, le due esibizioni sono rimaste ben distinte, se non nel bellissimo finale corale che ha visto dodici musicisti su un unico palco.
Iniziano i Mariposa, unici anche nella presenza scenica, talvolta ridicola, a momenti trash, a tratti geniale. Il colore delle improbabili vesti riesce come sempre a fondersi nei più azzardati accostamenti musicali, cambi di stile e genere: unici nella loro “libertà” espressiva e musicale. La band, per chi non l’avesse mai vista prima, stupisce per la follia che caratterizza le esibizioni fuori da ogni schema o clichè musicale. Per chi invece li conosce bene anche dal vivo, i Mariposa riescono comunque sempre a divertire, offrendo un’immagine genuina di sé, non edulcorata dal “voler divertire” ma esasperata dal semplice “voler divertirsi”.
Il concerto si snoda toccando principalmente i brani dell’ultimo album omonimo, che si è contraddistinto per le nuove sonorità pop applicate alla continua frenesia creativa della band. E’ in questa versione più immediata che la musica dei Mariposa riesce ad avere un maggior impatto sul pubblico, riuscendo a trascinare davvero tutti.
A rendere l’esibizione ancora più divertente ci ha pensato sotto al palco una folta schiera di ragazze “simil-groupie” con tanto di magliette personalizzate “Can I have a bon-bon girl?” (parafrasando il titolo del brano Can I have a bon-bon?), stelle filanti, coriandoli e bolle di sapone. Un clima davvero divertente e festoso, che dispiace non essere stato ripetuto (in forme più adatte) anche nella successiva esibizione.
I Julie’s Haircut salgono sul palco dopo una breve pausa e l’atmosfera è completamente cambiata: tutto si tinge di nero e le sintetiche note della band emiliana dipingono immagini tridimensionali. La psichedelia applicata all’elettronica (o viceversa?!) si fonde al rock che le chitarre riescono a sfoderare, taglienti e robuste. Nonostante il caratteristico suono elettronico, la musica riesce ad essere incredibilmente umana, viscerale. I ritmi decisi sono pulsazioni e si ha l’impressione di non avere davanti una band, ma un unico sconosciuto essere futuristico, e quella musica è il suo modo di esprimersi: il sound dei Julie’s Haircut è un linguaggio nuovo, fondato sulla modernità, tra melodia e tensione.
Questa seconda esibizione è accolta dal pubblico con iniziale freddezza, scioltasi poi però in eccitata partecipazione. Le tastiere e la chitarra di Luca Giovanardi sono roventi, mentre Nicola Caleffi raccoglie metri e metri di cavo del microfono per scendere in mezzo al pubblico a cantare la bellissima Sleepwalker. Tra vecchi classici della band e l’acclamatissimo ultimo album Our secret ceremony, la scaletta attinge un po’ ovunque, saziando la fame del pubblico con un’esibizione davvero impressionante.
Il concerto termina con un’incredibile versione di It’s about that time di Miles Davis, eseguita dai Julie’s Haircut e Mariposa, entrambi sul palco. Tutti assieme danno vita ad un brano completamente reinventato, psichedelico e furioso nel ritmo, riuscendo a creare un’unica soluzione dei differenti stili delle band.
A concerto concluso, oltre ad un bel ricordo rimangono anche il disco registrato eccezionalmente per l’evento (tre brani: un inedito per ciascuna band, più il capolavoro di Miles Davis reinventato anche sul palco) e, a sottolineare la particolarità dell’evento, il poster dedicato al Concerto Grosso disegnato da Arianna Vairo e serigrafato in 80 copie numerate.
Un grande applauso a questa strana coppia, sperando di poterli incontrarli nuovamente insieme sul palco, con uno spettacolo completamente nuovo: la fantasia non manca, le capacità neppure. E’ importante essere esigenti con chi si sa esser capace di regalare tanto, perchè sì, due concerti al prezzo di uno sono effettivamente un magnifico regalo! (Lost Gallery)