In vista dell’uscita del nuovo ep 14-19 prevista per il 10 Ottobre, LostHighways intervista Paolo Benvegnù. Cronaca di un’ora passata a cercare e fermare parole. E’ banale parlare di un artista che è prima di tutto un uomo. Molto meno semplice parlare di un uomo che è prima di tutto un artista. Un rabdomante di immagini e visioni, di follie e di flussi di parole. Un uomo che non dà tregua alle sensazioni, stretto tra la sottile arte del dire e quella del trovare (Foto by Rosa D’Ettore).
Per questa intervista non ho preparato delle domande. Volevo farti sentire libero e sentirmi libera. Questa in fondo è una delle caratteristiche primarie di LostHighways…
…Sappiamo di te quasi tutto. Possiamo riassumerlo insieme: ex leader degli Scisma, poi solista e autore di un album di rara bellezza: Piccoli fragilissimi film. Hai lavorato per il teatro, attualmente stai attendendo come noi l’imminente uscita del tuo nuovo ep:14-19 e per uscire dal silenzio degli ultimi quattro anni stai anche preparando tre spettacoli diversi. Di che spettacoli si tratta?
Il primo: 14 -19 parla della Visione, dell’importanza di essere Visionari. Perchè dopo le Visioni e le Parole esistono solo Le Labbra. Il secondo spettacolo: Marinai parla del Desiderio, di tutti i desideri, che possono essere causa o effetto delle visioni. Ma tratta l’argomento ironicamente, parlando di uomini che naufragano e si dimenticano di mangiare e bere perchè vogliono dominare. Una specie di Isola dei Famosi in 3d. Il terzo: La Stanza parla dell’assenza-presenza di un essere in una stanza. E’ un reading che è sia al femminile che al maschile. Cosa succede in una stanza di notte se piove. O si mangia. O si sogna. I protagonisti sono la stessa persona e ambedue cercano l’Amore assoluto, perchè da piccoli non hanno mai avuto una stanza propria, e per sognare dovevano andare sotto il tavolo oppure chiudersi in bagno.
14-19 è il nome sia dello spettacolo che dell’ep di prossima uscita. Ovviamente anche l’ep parla della Visione…
Sì. 14 – 19 parla dell’importanza di cercare la Visione, l’ispirazione, in ogni momento della propria esistenza. Di qualsiasi tipo di Visione. Le Visioni non conoscono bene o male. Esistono in Assoluto. Sono intere come l’acqua. E sono pioggia che piove e mare che dà e toglie. In 14 -19, però, si parla solo del desiderio, della tensione di arrivare all’Estro, perchè sicuramente non esiste una formula per arrivare a questo stato. Ma la Visione è democratica. A tutti può arrivare. Basta volere fortemente, cercare. E per tutti è diversa.
Tu parli di Visione… in un certo senso l’hai sempre fatto, sei riuscito a crearla negli altri con la tua musica e le tue parole. Personalmente questo è il mio concetto di Arte. Tu, come definiresti l’Arte?
Io non so se sono riuscito a creare, a costruire qualcosa in questi anni. L’unica certezza che ho sta nell’impegno che profondo nel cercarmi. Sono nato incompleto e di sesso maschile. Per questo il creare non fa naturalmente parte di me. Avrei voluto essere donna, fare figli, ma mi è stato impossibile. Per questo ho cominciato a scrivere canzoni. Per esorcizzare questa mancanza. Perciò tutto nasce da un’esigenza precisa e non posso definirla Arte. Nel caso… la chiamerei sviluppo lento di una personalità, ma già questo mi sembra troppo importante, per me e per ciò che cerco. L’Arte sta nei polsi, nei movimenti casuali, nella bocca, nelle Parole non cercate, e io non la posseggo. L’arte, come invece si definisce nel nostro mondo postmoderno, è invece una cosa che apprezzo, e potrei citare meravigliosi artisti di secoli diversi, che per ognuno di noi sono diversi. Ed è comunque importante perchè spiana le difficoltà degli Uomini. L’Arte, quella con la A maiuscola… la si trova nelle strade, all’improvviso, nella corsa dei bambini.
E’ ormai risaputo che Giorgio Saviane è tra i tuoi autori preferiti. Il mare verticale è un brano tratto da un suo libro. Mi viene in mente una frase di un suo scritto inedito che ho letto tempo fa: “Fa che io sia travolto dal sentimento e impari a capire il cielo. Saprò perché è azzurro. E’ ragionevole pretendere di capire, come invece è irragionevole voler capire tutto.” Quanto è importante per te comprendere le cose? Ti fa paura quello che non comprendi?
Chissà. Tu, come risponderesti a questa domanda? Provaci! Mettiamole a confronto… se vuoi, naturalmente..
Certo che voglio…
Giorgio Saviane era un mistico, ateo. Perchè solo gli atei arrivano veramente a credere. Non aveva dogmi. Era assolutamente un Uomo libero, e parlo di essere umano vivente libero. Non è cosa da poco. Sono rimasto folgorato dalla sua scrittura. E ti ringrazio, perchè questa frase non l’avevo mai letta, e mi spezza in più parti. Perchè sì, mi fa paura ciò che non comprendo. Ma è una paura da poco, legata al controllo, al possesso del sapere, della nostra posizione rispetto all’Altro. E’ una paura da Uomini, che sto cercando di togliere dal mio sentire. Comprendere invece, per me, dovrebbe significare proprio il fatto di… quasi accerchiare, accogliere. Come gli oceani che comprendono le terre emerse. E la Terra che comprende Tutto, che è compresa nell’Universo. Vorrei un giorno arrivare a questo stato. Ma sono un uomo, non genero. Una donna questo senso della comprensione ce l’ha innato. Ci convive dalla prima volta che ha il ciclo.. .Appunto… E poi il desiderio di comprendere vorrei davvero non perderlo mai per poter donare a chiunque, in ogni azione e anche a me stesso, Serenità ed Armonia.
Ora tu.
Comprendere per me non è necessariamente una conquista. A volte è una presa di coscienza che non vorrei avere. Ci sono cose che accadono senza che io ne conosca la vera motivazione, o il processo scientifico, o lo scopo. Sono le cose che più mi spaventano e mi esaltano. Quella paura sana, assopita, lieve, curiosa che provano i bambini di fronte ad ogni loro piccola scoperta. Ma parlo anche di paura vera e densa, quella che si prova di fronte alla cattiveria. Mi terrorizza non comprenderla, ma mi rassicura, perché mi dà la conferma che non ne faccio parte. Saviane era un uomo che di fronte alla sua pochezza ricercava pace dal dolore. Parlava ad un Dio che non comprendeva, ed era certamente fiero di non appartenergli.
Bellissima. Bellissima risposta.
Grazie. E’ incredibile come tu riesca a porti in maniera così paritaria con chiunque. E’ un atteggiamento molto intelligente. Eppure tu parli del tuo “essere idiota” come una conquista che ti ha liberato, fortificato, aperto orizzonti che fino ad ora non conoscevi. Credi che il prendersi poco sul serio, l’umiltà, la bontà, siano tutte qualità che pagano?
L’Idiozia, la follia, le difficoltà in generale, arricchiscono. Sfatano tabù. Mi spiego meglio: gli uomini passarono dall’età del ferro all’età del rame, probabilmente per merito (o colpa…) della vescica debole di un fabbro. Ai tempi i fabbri erano come i sacerdoti, e nelle loro fucine non si poteva entrare. Immagino che una notte, un fabbro della mia età non ce la facesse più a trattenersi. O forse più semplicemente era ubriaco, e ha pisciato nella materia che si è trasformata in una materia più malleabile e resistente. Così io penso del percorso degli uomini. Nasciamo con dei talenti che molte volte chiudiamo in noi stessi per paura del giudizio degli altri. Uno dei miei talenti è l’essere sempre bambino, e ho recuperato questo dono grazie allo scrivere canzoni. Sono felice che le mie azioni possano essere giudicate infantili. L’umiltà, la bontà, il silenzio, non sono qualità che pagano nel mondo reale. Ma quando mi addormento, le poche volte che penso di essere stato giusto e buono e umile e sensibile… io sono Felice. E questo mi basta.
Ti viene chiesto spesso di scrivere delle canzoni per qualcuno? Donare in qualche modo le tue parole e la tua musica a qualcun altro, ti dà la sensazione di dovertene privare? Ti fa sentire una sorta di D’Annunzio che scrive su richiesta? O credi che quello che creiamo resta nostro al di là di tutto? In parole povere, sei geloso di ciò che crei?
Non conosco il problema di scrivere canzoni su richiesta. O forse sì… quando non sono ispirato e continuo a domandarmi più impegno per scrivere brani, ma sono richieste personali. Ogni tanto qualcuno usa la musica de I Paolo Benvegnù (perchè non dimentico che siamo un gruppo) e allora sono contento. Perchè niente di ciò che creiamo è nostro. Pensaci, nemmeno i figli sono nostri, ma sono loro. E una canzone, che magari nasce in un istante, già l’istante dopo non deve essere più tua. Perchè è di chi la indossa. No, non sono geloso di ciò che scrivo. E’ già talmente un privilegio poterlo fare e sono così fortunato che posso ripetere in concerto questa esperienza, virandola, riplasmandola. Vorrei essere un mezzo che filtra gesti e parole e li trasforma in armonia semplice, pura. Ma ho paura che per questo desiderio, debba aspettare altre vite.
Oltre ad essere l’Artista che tutti conosciamo, sei anche un ricercato produttore. Tra tutti coloro che hanno avuto la possibilità di essere prodotti da te certamente qualcuno sarà spiccato per personalità, passione e talento. Non ti chiedo certo di farmi dei nomi, ma avere a che fare con personalità di questo tipo ti fa rendere maggiormente conto di quanto ingiusto sia il “mercato” musicale italiano? Credi che la gente abbia bisogno di una cultura musicale?
Sei molto gentile, ma ribadisco che io mi sento nel caso un artigiano e lo penso davvero. Per quanto riguarda le produzioni, potrei dire anche che sono il produttore meno pagato e per questo mi cercano in molti. Scusa per le facezie, ma c’è un fondo di verità. E sì, è vero, molte volte mi sono imbattuto in persone, progetti che trasudavano e trasudano tuttora di personalità, gusto, talento, passione. Penso a Terje Nordgarden, Marti, Marilu Loren, i Perturbazione, Gianmarco Martelloni… in realtà in ogni produzione ho trovato una mescolanza sempre diversa di qualità, anzi penso proprio di fare un torto ai non citati, nel caso mi spiace. Ho lavorato bene con tutti e con tutti ho cercato umanamente e artisticamente la perfetta armonia. Apriamo ora il capitolo negativo… dove vanno a finire queste produzioni? E’ vero, non c’è un mercato discografico in Italia che accolga tutte le uscite e i mali sono molti. Accennavi alla cultura musicale del pubblico e qui ritengo che si potrebbe fare di più. Il problema è alla base e parte proprio dalla mancanza totale di coraggio da parte dei pochi discografici major o indipendenti che non rischiano nulla se non vedono un ritorno immediato. E poi l’altro problema è quello della mancanza di coraggio ed oggettività di noi musicisti. Cerchiamo sempre di bruciare le tappe e molte volte la qualità della proposta è veramente bassa o poco personale o troppo mirata al Target che si vuole raggiungere (mi dispiace non volevo dire target… ma l’ho fatto solo per motivi di comprensione). Perciò penso che noi dovremmo: scrivere meglio, smetterla di avere riferimenti anglofoni a tutti i costi, vivere la musica non da dopolavoristi e piantarla col piangerci addosso. Capossela è bravo. Ciò che fa può essere discutibile ma ipnotizza migliaia di persone. Ci ha lavorato ed ha rischiato tutto. Io, ora, apprezzo solamente gente così.
Ultima domanda: qual è il messaggio che vorresti arrivasse a tutti coloro che ti ascoltano? Credi che la tua minuziosità venga percepita pienamente?
Io non penso di essere minuzioso. Sono anzi grossolano in quasi tutto ciò che faccio. Fallibile, o troppo vicino o troppo lontano. Perciò penso che proprio questo aspetto possa venire percepito: la fallibilità, la debolezza trasformate in Gioia. In fondo, le mie sono tutte ninne-nanne mancate… ma spero soprattutto che venga percepito l’impegno e la dedizione che anche Andrea, Guglielmo e Luca stanno mettendo in questo progetto. Sinceramente. Loro sono la mia famiglia, se mi posso permettere l’eufemismo, e grazie a loro nello scrivere e nel suonare mi sento davvero libero e a mio agio. Le Labbra, il prossimo disco, parla del posto dove vanno a finire le sensazioni degli amanti, quelli presenti e quelli scomparsi. Perchè sono convinto che esista davvero un posto in cui rimane, si ferma, il meglio, l’essenza di ognuno di noi. Perciò non c’è nessun messaggio da parte mia, nostra. Ma solo una constatazione, una descrizione… che vorrei però fosse così intensa da fermare il traffico nelle città, da fare rifiorire a gennaio le rose…e so che non è possibile. Ma questo è il mio tentativo. Fallibile, appunto. Perciò umano. Per il resto, visto che per tutta la vita sono stato Uomo e distruttore, vorrei davvero cominciare a Costruire. Ed imparare finalmente a respirare. Ti ringrazio. Vi Ringrazio per l’opportunità che mi avete dato. Per lo scambio di vedute. E Ti, Vi Abbraccio. Buona Sorte. che la vostra Passione venga ricambiata.
E’ sconvolgente, rivoluzionario quello che “semplici” parole possano creare dentro nelle persone. Dentro, sotto la buccia.
E’ stupendo quello che Paolo dice riguardo la impossibilità tutta maschile di “creare”…è una cosa che sempre ho pensato anche io.
Ed è bello vedere che Paolo parla della sua stima nei confronti di Capossela…
due persone credo molto differenti, che però, anche in questo argomento hanno un punto in comune. Vinicio, nel suo libro “Non si muore tutte le mattine” (edito da Feltrinelli)scrive:
“Dev’essere la vita, che non lascia in pace nessuno per propagarsi ancora, per riprodursi.
Le femmine vengono prese dalla tristezza, una tristezza primordiale, ogni mese, tutti i mesi, quando falliscono la riproduzione. La vita gliel’ha messa in corpo, e la devono portare a frutto, altrimenti piangono, senza sapere perchè.”
Paolo, invece lo sa.
Grazie per la splendida intervista che mi avete dato modo di leggere…sulla carta stampata, difficilmente avrei trovato qualcosa di così intimo e pieno.
Grazie Lucy. Ero curiosissima di leggere l’intervista ed ora sono senza parole.
Complimenti.
Le parole che hai accolto e quelle che hai donato velano gli occhi di emozioni dense…in esse si ri-scopre la sacralità della bellezza e di quelle anime capaci di crearla, la vertigine di fronte al senso.
Custodirò questa sublime Poesia, con gratitudine.
Complimenti a Lucy… un inchino al signor Benvegnù, modesto ma superbo poeta di verità suggestionabili
Ok, complimentissimi, questo è scontato.
Ma le ninne nanne non sono tutte mancate!
E la debolezza trasformata in Gioia è linfa, vita.
Lucy, io te e la paura … TU SEI LA LUCE.
E nessuno al mondo avrebbe saputo TRASMETTERCI Paolo Benvegnù come hai fatto tu.
GRAZIEEEEEEE
Claudia