Come pugni chiusi, fermi, gentilissimi, stretti a proteggere le briciole del prezioso che ci tiene, che ci appartiene. Sguardi in continuo movimento, soppesati al fiato di quelle sere che riescono a progredire nel tepore di notti tiepide, in una o “due cose ancora che valgano un minuto” (Lascio tutto). Undici capitoli imperfetti, caldi d’imperfezione, unica variante salvifica all’ovvietà della fine, di ciascuna fine (“Ma se quello che io ho è una sola possibilità allora voglio tutto imperfetto così com’è”, Imperfetto). Le persone muoiono, gli amori finiscono, le illusioni si spezzano, le ossa si stancano. Accade. Accade come accadono Dicembre e la primavera, quella che a volte vorresti poter rimandare ad un’altro domani, un domani che sia spostato di un giorno ancora, più in là. Accade come accade il tempo, quello che “non guarisce se tu non lo aiuti un po'” (Artù). Succede. Capita. Funziona così. Accadono la pioggia, il rimpianto, gli errori, le partenze, il piacere, il silenzio. Eppure l’ovvietà della fine, di ogni fine, non salva dal dissenso, non accantona il dolore, non smussa gli angoli all’impotenza. Ma non è questo il punto. Il punto è la fine, la fine che può essere un inizio nell’attimo esatto in cui la memoria si volta ed ammette la malinconia, sbriciola i codici dell’ordine, riconosce all’Amore il privilegio di rimettere in ordine le cose fino a “scoprire che alla fine c’è un’uscita” (Pianeti). Il punto è la fine: novità, alibi, distrazione, occasione per la messa in scena di un addio, riscoperta di sé, arrivederci alla rettitudine, agli schemi, al gioco infinito e burlone delle infinite possibilità. Lascio tutto gravita, assolutamente pop, lungo orbite intimissime, attorno ad un desiderio pungente di verità e calore. Non si perdono in chiacchiere i Beaucoup Fish: lungo i bordi dello stile che li distingue, scelgono, a tre anni dall’uscita del precedente Come l’acqua, la schiettezza di suoni più nudi, di melodie che affascinano il timpano e mordono il cuore, dell’arrangiamento come pigmento sostanziale, non ludus di maniera. Rock nel dettaglio estetico, curato nella produzione artistica da Taketo Gohara (Vinicio Capossela, Edda, Ministri, Marta sui tubi, ecc.), Lascio tutto respira vento d’oltremanica, riposa sul palmo di certo cantautorato nostrano, solletica i palati indie con avvenente leggerezza, bisbigliando echi Parachutes. Un disco che non si consuma all’ascolto ma si lascia scoprire: per chi sceglie di indovinare nell’alba le tinte di insoliti tramonti.
Credits
Label: Melunera/Venus – 2009
Line-up: Scritto e suonato in diretta dai Beaucoup Fish: Matteo Gosi (voce, cori,pianoforte,organo Hammond, Wurlitzer, Rhodes, Minimoog, Prophet5, Glockenspiel) – Giovanni Gosi (chitarre elettriche, cori) – Roberto Calvi (chitarre elettriche e acustiche, pianoforte, mandolino, cori) – Filippo Mannello (basso elettrico, cori) – Stefano Uggeri (batteria, percussioni, cori); e da: Davide Rossi (archi – track 1,3,9), Achille Succi (sax, clarino basso – track 4), Mauro “Otto” Ottolini (trombone, trombone a coulisse, bombardino – track 4,10). Prodotto, registrato e mixato da Taketo Gohara e Beaucoup Fish alle Officine Meccaniche, Milano
Tracklist:
- Imperfetto
- Pianeti
- Dicembre
- Lascio Tutto
- Teen
- Distratto
- Sei
- Isola
- Artù
- Sogno
- L’Ingegnere
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Un solo commento
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