Rigiro tra le mani il libretto della serata. Copertina verde, testo e foto in bianco e nero. Lo custodisco come un cimelio di cui posso vantarmi. Quella sera io c’ero!
Al Teatro Comunale di Ferrara si respira la storia: lì arte e musica vivono ed emozionano dal lontanissimo 1798, anno in cui il teatro fu inaugurato. All’ingresso in sala, colori e finiture avvolgono lo spettatore in un morbido abbraccio di luci e riflessi delicati.
Un pubblico preciso ed educato ma splendidamente eterogeneo si siede puntuale, e in pochi minuti il teatro prima deserto si tramuta: una piazza in calibrato fermento. Curiosi e abituè, giovani e adulti, famiglie e singoli appassionati non hanno avuto intenzione di perdersi uno spettacolo tanto azzardato ed interessante.
Katia Labèque è una pianista classica di fama assodata che può vantare collaborazioni con le più prestigiose orchestre del mondo. La sua formazione e la sua professione però non sono riusciti a tenerla rinchiusa in un ambiente tanto affascinante quanto indubbiamente austero e formale. Questa è una veste che sta stretta ad un’artista anticonformista come lei, e ne è conferma la dedica da parte del grande Miles Davis in due sue canzoni.
Gli affacci della Labèque nel mondo della musica pop, rock e jazz la portano a ideare questo grandioso progetto di rivisitazione di numerosi pezzi delle icone della svolta musicale occidentale: i Beatles.
La band che dà forma al progetto prende il nome di B FOR BANG, nascondendo dietro questo marchio esplosivo, musicisti di capacità indiscusse e riconoscimenti internazionali. Gli arrangiamenti dei brani sono di Nicola Tescari, già musicista, direttore d’orchestra , compositore per cinema e teatro che nel live si siede dietro alle tastiere e all’elettronica, e David Chalmin, chitarrista (nei Dimension X) e cantante già collaboratore di Tescari nella composizione della colonna sonora del film Texas, premiato al Festival del Cinema di Venezia nel 2005.
Il basso è nelle mani di Massimo Pupillo, bassista della band jazz-core romana che da anni riscuote successo e riconoscimenti in tutto il mondo: gli Zu.
Nemmeno la grande batteria riesce a nascondere i lunghissimi dredlocks di Marque Gilmore, percussionista apprezzato per la sua creatività che lo rende padrone nel panorama drum & bass.
All’elettronica Fabio Recchia (Reeks) gode di grande esperienza nel mondo dell’improvvisazione elettronica e non, mentre alla voce si alternano due donne che anche all’occhio risultano agli antipodi. La bellissima e provocante Nadèah Miranda (voce e basso nella band britannica The LoveGods) e la tenera, ma graffiante, voce dei 99posse: Meg.
Seduta al pianoforte c’è la minuscola Katia Labèque, mentre alla viola il tedesco di origini peruviane e uruguaiane Claudio Bohòrquez, apprezzatissimo musicista classico esibito con numerose orchestre di tutto il mondo.
Il silenzio del teatro accoglie le prime note strumentali, anticipate da video proiettati con psichedelica sapienza alle loro spalle e tutto intorno al palcoscenico, la cui regia è da attribuirsi a Fabio Massimo Iaquone.
La musica che i B FOR BANG propongono è una calibrata miscela di estro e capacità tecniche che si perde nelle strade della sperimentazione e dell’eterogeneità. Nuove strade, nuovi orizzonti, nuovi cieli vengono cuciti su misura addosso ai pezzi originali dei Beatles, arricchendoli con classicismi e divagazioni elettroniche e rock. Come maestri sarti, tagliano e cuciono ogni tipo di tessuto, creando balze e strascichi vistosi; mode classiche e moderne che perdono la loro identità originaria convergendo in un’unica realtà.
Le mani della Labèque corrono su tasti che sembrano roventi, cercando scampo da un fuoco che la porta a dimenarsi ma la tiene legata tra i lembi di fiamme. Il piccolo e inoffensivo corpo della pianista non riesce a stare fermo al richiamo della musica, che essa sia dolce, che essa sia veloce e coinvolgente.
La cosa che più colpisce della Labèque, oltre all’indubbia bravura, è la ricerca dei compagni e di quel rapporto “di palco” che evidentemente in un contesto classico non è possibile. Oltre il suo pianoforte cerca gli sguardi, detta il tempo, lancia sorrisi e attende le risposte di tutti gli altri componenti della band, dando ad essi più importanza che alle note.
In alto, alle sue spalle senza dare nell’occhio, Nicola Tescari sostiene e dirige con le sue tastiere, mentre al suo fianco Reeks non distoglie gli occhi dallo schermo del suo pc che regola i suoni e inserisce, quando meno lo si aspetta, quei suoni elettronici che aggiungono qualcosa di assolutamente rivoluzionario in ogni pezzo.
Uno dopo l’altro si susseguono le canzoni che più caratterizzano i Beatles nella loro complessità, da Being for the benefit of Mr. Kite! a Taxman e la splendida ed emozionante Happiness is a warm gun dove le parole finali si perdono nell’aria come urla grunge su un tappeto elettrico.
Il pezzo che segue si intitola Notes to the future e va a dare musica alle parole registrate di Patti Smith che ha donato una sua poesia al progetto B FOR BANG: la musica strumentale si sovrappone a quella lessicale che viene distillata dell’artista statunitense, creando un clima davvero emozionante.
Una splendida Come together completamente strumentale e rielaborata fino alla sua essenza più intima, trova nuova vita e rinnovato spirito.
La voce di Meg offre una versione inaspettata della famosissima Lucy in the sky with diamond, dove l’elettronica e un canto soffuso ed infantile scoprono un lato ancor più psichedelico e complesso del pezzo dei Beatles.
Tra le altre canzoni che si susseguono, sicuramente riescono a sconvolgere Julia per la dolcezza della vocalità di David Chalmin attorniato da luci soffuse ed Helter skelter, che dopo un introduzione dai toni pacati che portano l’ascoltatore fuori strada, cresce e si perde in un vortice in cui la terra sotto i piedi sprofonda. La batteria spinge a grandi velocità, il basso insegue con grande potenza e il pianoforte esplode, mentre la voce accattivante di Dèah si sposta sul palco con fare malizioso. L’edificio sembra crollare mentre la super-band rimane immobile nel suo splendido ma complessissimo ordine.
La cosa che più stupisce degli otto artisti che hanno calcato il palco questa sera è l’alchimia creata tra loro, in un progetto che unisce realtà distanti attraverso il linguaggio universale della musica per mezzo delle opere dei Beatles.
A chiudere la scaletta “ufficiale” c’è una emozionantissima While my guitar gently weeps, dove le voci di Dèah e David vanno a duettare fondendosi, lasciandosi, scalciandosi, abbracciandosi.
Seguono numerosi bis che lasciano senza fiato per gli applausi che il teatro riesce a scaturire, e per la gioia chiara ed evidente sui volti dei componenti del gruppo.
L’umanità di questi grandi artisti colpisce e lascia di stucco: uomini che fanno della musica una professione studiata nel profondo, che continuano ad emozionarsi e hanno voglia di mettersi in gioco… tutto commuove. Un progetto fuori dalle righe che somma tanti generi musicali facendo del suono dei Beatles comune denominatore, ritrovando stimoli, lustro e nuove ragioni di vita.
Il titolo dello spettacolo è Across the Universe of Languages: un viaggio nel quale Losthighways non poteva non perdersi, e che consiglia di vivere almeno attraverso l’album realizzato dalla KML Records di Katia e la sorella Marielle Labèque.