In uscita il 15 Aprile 2010 il nuovissimo Album di
Samuel Katarro
Dopo il successo dell’esordio “Beach Party” e un tour interminabile che l’ha visto suonare sui palchi di tutta Italia, ritorna Samuel Katarro, una delle realtà più importanti della scena indipendente italiana. Con “The Halfduck Mystery”, Samuel decide di non seguire il solco intrapreso dal primo album e si sceglie una nuova meta. Una meta che brilla del genio di questo giovane artista. Come ha detto Patti Smith dopo averlo ascoltato: “Sam sei il futuro!” ( In esclusiva lo streaming autorizzato di Pop Skul ).
The Halfduck Mistery: come e perchè
di Samuel Katarro
L’album è stato registrato al Bunker Studio di Rubiera da Andrea Rovacchi e Domenico Vigliotti tra il Dicembre 2009 e il Gennaio 2010. Si tratta di un album molto meno “solitario” rispetto a Beach Party, le canzoni sono sensibilmente più complesse sotto il profilo compositivo e la maggior parte di esse sono state registrate in presa diretta insieme ad altri due musicisti: il polistrumentista Francesco D’Elia e il batterista/percussionista Simone Vassallo. Numerosi anche i contributi da parte di musicisti esterni: Enrico Gabrielli (tastiere), Mattia Boschi (violoncello), Enrico Pasini (flicorno), Mario Frezzato (oboe), Alberto Danielli (Basso-tuba), Simone Bardazzi (banjo) e Lorenzo Maffucci (bassa fedeltà e performance concettuali). Musicalmente il filo conduttore tra i pezzi è un inconsapevole omaggio agli anni ’60, sopratutto a livello di sonorità e scelte di arrangiamento. “Pop skull” suona come i Creedence Clearwater Revival con John Fogerty ipnotizzato e costretto a cantare in falsetto per tutto il pezzo. “Three minutes in California” è super-pop-anni ’60: le armonie vocali beatlesiane, gli intrecci chitarristici Byrds docet, i richiami alla musica indiana, la melodia vocale molto nitida, l’organetto sbarazzino. Tutto quadra in fin dei conti, tranne l’arpeggiatore sui ritornelli, colpa dei Grandaddy, e di Maffucci. “You’re an animal!” è nata come plagio di “Long gone” di Syd Barrett finché gli arrangiamenti pseudo-sinfonici alla Scott Walker hanno fatto a pezzi l’idea iniziale. “The first years of Bobby Bunny” è la versione 2000 di “Rainy day women”, ma molto più perversa e disordinata, come se fosse suonata da una marching band di gorilla sbronzi. “9V” potrebbe averla scritta John Lennon se fosse stato uno stronzo paranoico. “I am the Musonator” è un pezzo non suonato (ci sono soltanto campionamenti, batterie comprese), un inferno atonale su cui i Beach Boys hanno deciso di incidere delle voci durante una gita a Nashville. I pezzi d’apertura “Rustling” e “Pink clouds over the Semipapero” sono molto diversi ritmicamente ma anche molto simili armonicamente perchè entrambi costruiti sull’intervallo di quarta aumentata (un omaggio al Diavolo!) ed entrambi ispirati dai gruppi storici dalla scena art-rock di Canterbury, rispettivamente Robert Wyatt e Caravan. “‘s Hertogenbosch Blues Festival” (dedicata a Bosch) e “Sudden death” (dedicata a me) sono semplicemente incubi. The Halfduck Mystery è un disco sulla paura e sulla vergogna, e di come superarla toccando il fondo, immaginando e poi vivendo il peggio. Un po’ paranoico? No, molto. “Rustling” è la paura di non essere come gli altri, “9V” la paura di sé stessi. “The first years of Bobby Bunny” la paura del passato causata dalla distorsione dei ricordi infantili, “I am the Musonator” la paura del presente (visto il passato!), “Pink clouds over the Semipapapero” la paura del futuro (visto il presente!). “Pop skull” la paura di vivere, “‘s Hertogenbosch Blues Festival” la paura di morire. “Three minutes in California” la paura di viaggiare. “You’re an Animal!” la paura di amare. “Sudden death” la paura di non conoscere l’inglese.
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