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Un fiore sbocciato: Amor Fou@Galleria Toledo (NA) 15/05/10

amor-fou_live10Cielo grigio di una primavera fredda, che usa il vento e la pioggia in una monotona sera di città. Solite luci ai bordi delle strade intasate, solita gente annoiata, solito scarto tra la faccia truccata di Napoli e la sua vera età, quella dei quartieri dietro le spalle. Quartieri Spagnoli, tra gli altri. Arroccati e intricati, sregolati, confusi. Sembrano ingoiare tutto, anche il Teatro stabile d’innovazione Galleria Toledo che ha dedicato alla musica italiana d’autore due speciali appuntamenti nell’ambito del Maggio dei Movimenti.
Dopo il primo, che ha visto protagonista Moltheni, la scena è tutta per i milanesi Amor Fou.

Tutta, poiché le altre esibizioni previste non lasciano molto spazio alla curiosità e soprattutto all’attenzione. Infatti solo Max Petrolio, supportato da una band che spinge il ritmo, ridesta il pubblico dopo l’apertura affidata al cantautore romano Leo Pari, vicino al mondo di Beppe Grillo ma del tutto lontano da innovazione e originalità compositiva, così imbevuto di scena capitolina, troppo urban style nei testi, a tratti così stridenti nella banalità da lasciare perplessi. Poi, dopo la parentesi in sordina dei partenopei Pipers (in set acustico), arriva il momento degli Amor Fou. La band milanese presenta I moralisti (EMI, 2010), secondo capitolo della sua storia. Disco importante nei contenuti e nell’attitudine, colto al punto da sapersi proporre come un insieme di canzoni fruibili a più livelli, fino a quello più profondo. Stratificazione di semantica musicale. Dalle aperture melodiche di irresistibile fascino per l’orecchio alla sedimentazione di bel altro, per chi voglia o sappia cogliere. Pop contaminato e un concept denso che nasce da una domanda/riflessione: chi sono moralisti? Una manciata di canzoni strutturano una galleria di personaggi nati tra la metà degli anni ’50 e gli anni ’80, esempi comuni di moralità positiva o negativa, perché è dalla storia particolare che si mette in moto la Storia. Non c’è giudizio, non c’è condanna, non c’è lezione. C’è uno squarcio di verità di racconto infilata nella musica. Per fermarsi e osservare quanto è accaduto e quanto accade in una società votata all’individualismo.
L’importanza dei significati ha accompagnato gli Amor Fou sin dagli esordi segnati da La stagione del cannibale (Homesleep, 2007). In questi pochi anni molto è cambiato: un progetto nato a tavolino sugli assi portanti dell’elettronica si è trasformato in un’ottima promessa che fa della dimensione live il suo atto di fedeltà, finalmente. La crescita è evidente. I ruoli sono definiti. La voce di Alessandro Raina è in grado di spingersi e di conquistare un colore molto più deciso e autonomo, complice una ricerca attenta e sottile negli arrangiamenti.
Depedis, Anita, Peccatori in Blue jeans, Un ragazzo come tanti, Le promesse, Cocaina di domenica, Il sesso degli angeli, Filemone e Bauci vestono l’abito del presente degli Amor Fou e svelano pieghe rock, abilmente gestite nonostante qualche problema d’acustica.  Se un ragazzino appicca il fuoco, Cos’è la libertà?, Ore 10 parla un misogino fanno del passato un’occassione per reinventare un flusso accattivante, come una linea che d’improvviso si curva. a.t.t.e.n.u.r.B. è tra i momenti più spinti e coinvolgenti del set. Dolmen chiude, giocata sulle due voci parallele di Raina e Dottori. Un’esplosione sonica innescata dalla tragicità di pochi versi, intimismo che si fa coscienza di una decadenza generale.
Coinvolgono. Piacciono. Sanno essere intensi e umorali. Sanno essere compatti e al tempo stesso belle individualità che conquistano uno spazio, non egoistico ma generoso. Corali.
Gli Amor Fou hanno dimostrato di tenere molto alto il ritmo di uno stile elegante e riconoscibile. Corposità di intenti e atti. Sono un fiore prezioso che terrà ben saldi i suoi petali. (Foto di Rosa D’Ettore; si ringraziano Nicolò Zaganelli – Artevox e Katia Giampaolo – Estragon Booking)

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