La lunga strada della ricerca della melodia perfetta è iniziata negli anni novanta a partire dall’estremo opposto: il death-doom metal. Quelle grida provenienti dal dolore sotterraneo degli inferi sono emerse nel purgatorio del goth-metal. Su questa scia, mentre altre band quali Lacuna Coil e Evanescence si cullavano di successi commerciali, gli Anathema continuavano il loro percorso che li proiettava nel paradiso di un nuovo genere: l’atmosferic rock, il crocevia possibile tra un’attitudine moderna al progressive floydiano e le aperture melodiche del gothic metal, dove il rumore implode e cede il passo alla melodia d’archi. Dopo sette anni di attesa è arrivato il nuovo album We’re here because we ‘re here. Quest’ultimo loro lavoro (mixato da Steve Wilson dei Porcupine Tree) ha incontrato i favori di tutta la stampa mondiale ed ha scalato anche le classifiche di vendita specifiche del genere. E’ un disco che, pur nascendo da una band di estrazione metal, può piacere e deliziare chiunque. C’è tanta armonia e melodia da brividi. LostHighways ha avuto l’onore di intervistare telefonicamente Vincent Cavanagh, voce di una straordinaria band. (Dreaming light è in streaming autorizzato; si ringrazia Fabio Vergani – A Buzz Supreme).
Tra l’album A natural disaster e questo vostro ultimo lavoro sono trascorsi sette anni. Perché?
Per un numero consistente di ragioni. Prima di tutto all’inizio lavoravamo con un’altra agenzia di management e con un’altra etichetta. Al bivio ci siamo chiesti se continuare a quel modo o iniziare ad autoprodurci il nuovo lavoro e proporsi successivamente alle etichette con un disco già completo. Abbiamo optato per la scelta dell’autoproduzione, anche perché le prime offerte che avevamo non le gradivamo tanto, specialmente per i mezzi messi a disposizione. Questo ha comportato anche raggiungere un certo livello di competenze specifiche nella registrazione del disco, con i suoi tempi tecnici. Poi ci sono stati un po’ di piccole variazioni a livello di line-up della band. Sono molti sette anni, ma siamo veramente contenti di essere arrivati alla fine di questo tunnel.
Cosa ha inspirato la scelta del titolo We’re here because we ‘re here?
Tutti conoscono la storia di Auld Lang Syne, la canzone cantata nelle trincee della prima guerra mondiale per tirare su il morale di coloro che sopravvivevano a quell’ incessante massacro. Lo spirito di quelle parole ci ha toccati tutti profondamente e ben si è accordato a tutte le esperienze che abbiamo condiviso a tutti i livelli, come individui singoli e band, durante questi ultimi anni. Da queste esperienze siamo emersi più coesi ed abbiamo dimostrato una grande capacità di recupero.
C’è un particolare collegamento tra le varie canzoni di questo lavoro? E’ un concept album?
Direi di no. Ogni canzone è indipendente dalle altre. Forse condividono un comune sentire. Ma non possiamo parlare di un concept album.
Come si è svolta la collaborazione con Steve Wilson, soprattutto dal punto di vista umano?
Steve è subentrato alla fine del processo di registrazione e produzione del disco. Avevamo già strutturato tutte le tracce. Volevamo che lui fornisse ai pezzi quell’ultima soluzione aggiunta che li avrebbe resi perfetti. Quindi ci siamo accordati per un suo apporto nel missaggio. E’stato assolutamente un piacere lavorare con lui. E’ una persona calma con cui è facile collaborare e intendersi. Ho amato tanto lavorare con lui.
C’è un quadro che potrebbe rappresentare la vostra musica ricca di colori e passione?
Non un quadro ma forse un’installazione: Memory by spanish couple. E’ un’ installazione che ho visto a New York e mi ha ispirato tantissimo. Mi ha toccato profondamente. Mi hai fatto una bellissima domanda.
Mi parli del nuovo innesto di Lee Douglas nella line-up, l’aggiunta della voce femminile ai colori della vostra musica?
Durante il processo di scrittura dei brani abbiamo capito che la sua voce era complementare alle strutture armoniche che li caratterizzavano. E’ stata una magnifica scoperta. e penso che la sua voce si sposa alla perfezione con i nostri brani.
Lo penso anche io e un nuovo colore nel vostro sound…
Ritornando al parallelo artistico, è un nuovo colore sulla nostra tavolozza.
Come è nata la collaborazione con Ville Valo degli HIM?
Abbiamo scoperto che era un nostro accanito fan. Lui è un ragazzo amabile. E’ stato semplice aggiungere un suo contributo in Angels Walk Among Us. E’ stato piacevole lavorare anche con lui e saremmo sempre aperti a farlo in futuro.
La prima cosa che si nota all’ascolto del vostro album sono gli arrangiamenti di archi che esaltano le bellissime melodie che caratterizzano tutto il disco. Raccontami della collaborazione con Dave Stewart?
Questa collaborazione è avvenuta per la maggior parte attraverso un interscambio di file via internet. Ci siamo incontrati di èersona solo per una settimana. I suoi interventi sono arrivati quasi alla fine del processo creativo dei brani e sono stati tutti tesi ad esaltare certi passaggi con un approccio quasi orchestrale. Questi arrangiamenti d’archi sono stati veramente favolosi. Dave è una persona semplice ed eccezionale che con Steve Wilson ha regalato molto a questo disco. Spero di poter suonare questi brani dal vivo con un’orchestra vera.
Parto dalla tua risposta per chiederti cosa ne pensi di internet come strumento di facile comunicazione e collaborazione tra artisti di differenti paesi e talvolta differenti mondi musicali?
Internet ha cambiato il modo di collaborare tra gli artisti attraverso tutto il globo e ha anche dato la possibilità alle band di raggiungere più persone possibili nel mondo. Il download se da un lato ha dato un beneficio dall’altro dovrebbe anche indurre il fruitore ad innamorarsi di quella band e quindi portarlo a supportarla attraverso il mechandising e l’acquisto del disco fisico, solo in questo modo l’apertura di internet ha un senso e può portare ad una vera economia libera dalle grandi corporazione che decidono i nostri gusti.
Quale canzone di questo album preferisci suonare live?
Senza alcun dubbio Universal.